E’ domenica 4 dicembre, ci troviamo nel quartiere Casalbertone/Portonaccio, Monk Club il cui nome è volutamente ispirato dal talento onnivoro e rivoluzionario del pianista jazz Thelonious Sphere Monk.
Una giovane di nome Elena Ethel Schlein, con tripla cittadinanza svizzera e statunitense si presenta alla partenza della lunga maratona del congresso PD.
Tra i molti convenuti abbiamo intravisto Vincenzo Maria Vita che ieri dedicava alcune interessanti riflessioni sul Manifesto.
“Proprio la forza d’urto della candidatura, il suo essere possibile riferimento dell’universo digitale inteso come campo conflittuale lontano dalle coordinate del Novecento, ha bisogno di declinare innovazione e modernità con la realtà del capitalismo delle piattaforme e dei modelli aggiornati dell’accumulazione.
Se no, il dramma del precariato, dell’odierno schiavismo e della solitudine individuale rischia di apparire una mera – fredda- diagnosi di una crisi.
Insomma, citiamo Marx come criterio analitico, per evocare l’urgenza di una teoria politica adeguata a cercare di sovvertire l’ordine esistente. Il buon movimentismo non basta.”
Conclude forse un po’ paternalisticamente il nostro giornalista e politico ex PCI.
La congiura del silenzio in cui siamo precipitati oggi a nostro parere è stata invece risvegliata dalla luce e dalle parole che proprio in quel luogo venivano pronunciate da questa giovane.
Ci siamo allora ricordati del messaggio che ci ha lascato un’altro giornalista politico troppo presto dimenticato: Alfredo Reichlin.
“Il fatto davvero drammatico è che la politica (in concreto questa architettura della politica, la cultura di fondo del ceto politico, gli strumenti e i linguaggi con cui comunica con la gente, il modo di essere dei partiti) non è in grado di riorganizzare le forze del Paese e di guidarle nel futuro. Per tante ragioni ma essenzialmente niente affatto per quelle che continuano ad alimentare le nostre dispute (perché ci siamo spostati troppo a destra oppure troppo a sinistra oppure perché non parliamo al centro). La verità, mi sembra, è che la politica dovrebbe collocarsi altrove: là dove sia possibile rappresentare i nuovi bisogni e i nuovi diritti della gente cessando di essere come ora un sottosistema provinciale di una economia globalizzata. Si dirà che non è realistico porre tematiche di questo genere nel dibattito sul nuovo partito, io penso il contrario. A me non sembra realistico che un partito possa nascere senza aprire un dibattito sulla necessità di un nuovo pensiero il quale comincia a rispondere a quel vasto mondo soprattutto giovanile al quale non interessa tanto difendere un grande passato quanto ritrovare la ragione stessa per cui ci si schiera a sinistra, che dopotutto è quella di credere che è possibile e giusto lottare per un mondo migliore».
Abbiamo ricordato queste parole non per negare la necessità di utilizzare tutta la cassetta ideologica dei nostri attrezzi ma quanto per affermare che senza un protagonismo collettivo come quello lanciato da Elly “Parte da noi” nulla cambierà veramente.