Pochi ricordano che il 9 dicembre 2021 venne approvata la legge n. 220 volta ad introdurre misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo.
Ricordiamo pure che per l’approvazione definitiva ci sono voluti quattro anni.
Sono passati oltre vent’anni da quando Gino Strada denunciò l’effetto dei “pappagalli verdi” sui bambini in Afghanistan e le conseguenze delle mine antiuomo sono ancora le stesse, tutti i giorni.
Oggi le forze armate russe hanno utilizzato almeno 24 volte bombe a grappolo, vietate dal diritto internazionale, contro aree popolate da civili dell’Ucraina nelle cinque settimane dall’inizio della guerra. È quanto ha denunciato oggi l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet. Attacchi indiscriminati sono stati commessi anche contro ospedali, scuole e infrastrutture che “sono vietate dal diritto umanitario nazionale e che potrebbero costituire crimini di guerra”.
Le morti provocate da queste armi sono aumentate di oltre il 20% le vittime e i feriti delle mine antiuomo nel mondo. La causa, purtroppo, secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio sulle mine delle Nazioni uniti, che parla di 7,073 vittime nel 2020 a fronte di 5,853 del 2019, è stato il Covid che ha fermato il lavoro di recupero dei residuati bellici e delle mine antiuomo: se nel 2013 le vittime erano in media 10 al giorno, nel 2020 sono salite a 19 al giorno. Erano civili l’8’% delle persone uccise nel 2020, tra cui 1.872 bambini.
La legge oggi introduce il divieto totale al finanziamento di società che svolgano attività di costruzione, produzione, sviluppo, assemblaggio, riparazione, conservazione, impiego, utilizzo, immagazzinaggio, stoccaggio, detenzione, promozione, vendita, distribuzione, importazione, esportazione, trasferimento o trasporto delle mine antipersona, delle munizioni e submunizioni cluster. “Piccolo particolare” il divieto si estende anche agli «intermediari abilitati» tra cui i fondi pensione.
Eppure nell’incessante produzione di parole di cui sono colmi i nostri mezzi d’informazione nessuno ricorda che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli organismi di vigilanza avrebbero dovuto emanare apposite istruzioni per l’esercizio di controlli e nello stesso termine redigere e pubblicare l’elenco delle società interessate.
E solo a quel punto gli intermediari avranno il compito, entro novanta giorni dalla pubblicazione dell’elenco delle società operanti nei settori individuati relativi alle mine anti-persona, alle munizioni e submunizioni cluster escludere dai prodotti offerti ogni componente che costituisca supporto finanziario alle società incluse nell’elenco medesimo.
In Italia sono pochi e rari i fondi pensione che hanno previsto una black list di aziende coinvolte nella produzione stoccaggio delle cosiddette cluster munition richiamandosi al Trattato di Ottawa del 1997 che vede ancora il rifiuto di 36 Stati (fra cui USA, Russia, Cina, India, Pakistan, Yemen e molti altri).
Chissà se nella caduta dei rendimenti che oggi accusano i fondi pensione si avrà il coraggio di rinunciare ai lauti guadagni che le aziende produttrici di queste armi stanno accumulando giorno dopo giorno, morti dopo morti.
Mancano solo 9 giorni, ma cosa aspettano ancora Banca d’Italia, Covip e Ivass?