di Ugo Balzametti
La sanità missione in-compiuta
IL punto da cui vogliamo partire nasce dalla necessità di una riflessione sulle condizioni disastrate della sanità pubblica che la pandemia, la crisi economica e l’incertezza del contesto internazionale hanno svelato senza pietà, nonchè sui mancati obbiettivi del PNRR e sulle risposte insoddisfacenti e disomogenee che gran parte dei cittadini italiani hanno subito negli ultimi due anni.
Infatti le scelte politiche fatte da una classe dirigente inetta e miope, compreso il governo Meloni, hanno seguito la logica di snaturare il concetto di Servizio Sanitario Nazionale, subordinandolo a logiche aziendali, caratterizzate da una visione ospedalo-centrica e da investimenti progressivamente ridotti e sempre meno adeguati ai servizi territoriali.
A ciò si deve aggiungere il progressivo distacco della già fragile integrazione tra sanità e coesione sociale che in passato era parso uno degli aspetti fondanti di un modello di welfare che garantisse l’assistenza e il benessere delle comunità in una logica di equità e contrasto alle disuguaglianze.
In questi mesi, nell’ambito di una articolazione regionale sempre più diseguale, si è evidenziato la penalizzazione delle strutture e dei servizi ospedalieri territoriali, dei Dipartimenti di Prevenzione e un progressivo svuotamento del ruolo dei medici, in particolare quelli di medicina generale.
Si è puntato e si continua a proporre il principio della libera scelta e della concorrenza tra medici e tra presidi sanitari pubblici e privati, nella convinzione di poter gestire la rete territoriale con lo strumento della domanda e offerta di prestazioni che nella pratica ha evidenziato tutti i suoi limiti.
In questo contesto la pandemia ha dimostrato che le logiche di mercato mal si addicono alla salute e questo, in molte regioni italiane, ha significato riduzioni di posti letto, disinvestimento nella medicina di base e territoriale, assenza dei presidi sanitari.
“Il mercato da solo non risolve tutto , benchè a volte vogliono farci credere questo dogma di fede neoliberale. Si tratta di un pensiero povero, ripetitivo che propone sempre le stesse ricette di fronte a qualsiasi sfida si presenti” Papa Francesco
Questa scelta scellerata non solo ha rappresentato ha reso più evidenti gli effetti della crisi soprattutto dei Paesi più deboli, tra cui la Grecia, la Spagna, l’Italia, ma ha riproposto i dogmi dell’ideologia liberista, optando per drastiche politiche di contenimento.
Il nostro SSN potrebbe essere un esempio di sistema universalista, gratuito, finanziato dalle tasse di tutti i cittadini. Al contrario i cittadini pagano per avere un SSN che negli anni ha subito 37 miliardi di tagli nella logica di una gestione aziendalistica, mentre la gran parte dei soldi che dovrebbero essere ad appannaggio della sanità pubblica sono utilizzati per convenzioni private o assicurazioni integrative.. La sanità pubblica così ridotta non riesce a rispondere alle richieste dei cittadini e allora chi può si rivolge al privato e paga una seconda volta.
IL PNRR Missione salute: la riforma territoriale
Il Piano affonda le sue radici, politiche ed economiche nella pandemia, e pone l’esigenza di offrire risposte alle criticità che si sono evidenziate a seguito dell’emergenza sanitaria.
Se formalmente la stagione dei tagli alla sanità si poteva considerare conclusa, è evidente che il forte rilancio del finanziamento pubblico è stato imposto dall’emergenza pandemica e non da una volontà politica, nonostante le tante lacrime di coccodrillo versate durante il periodo pandemico.
L’Italia che per la sua struttura morfologica e idrologica è soggetta ad essere investita da terremoti, da piogge torrenziali, alluvioni, inondazioni, da disastri climatici ed ambientali, non può essere fagocitata dalla “politica dell’emergenza”. Programmare e prevenire queste devono essere le parole d’ordine per avviare un processo strategico di cambiamento nel medio periodo.
L’obiettivo in termini di riforme ed investimenti è quello di realizzare un allineamento dei servizi ai bisogni di cura dei pazienti in ogni area del Paese attraverso un modello di medicina diffusa nel territorio con diverse tipologie di presidi, ridurre i tempi di attesa delle prestazioni, sviluppare risposte sinergiche ai rischi ambientali, climatici e sanitari.
La Missione 6 del PNRR dedicata alla salute prevede uno stanziamento di 18,50 miliardi di cui 3 relativi a progetti in essere, e 9,6 per nuovi interventi, 3 dal Fondo complementare e altri 3 miliardi dal Fondo per lo sviluppo e coesione.
Il 2023 si presenta come un anno particolarmente impegnativo nel momento in cui il PNRR mette in gioco un totale di 34 miliardi di euro, distribuiti in 16 miliardi nel primo semestre e 18 miliardi nel secondo. La seconda metà dell’anno sarà densa di scadenze da rispettare, soprattutto nel quarto trimestre.
Il disegno strategico di potenziare i servizi di assistenza sanitaria territoriali potrebbero determinare un significativo miglioramento operativo di tutte le Regioni, a cominciare da quelle del Sud. Il capitolo salute ha come obbiettivi:
1- definire un nuovo modello organizzativo per la rete di assistenza primaria in grado di individuare standard strutturali, tecnologici e organizzativi uniformi su tutto il territorio nazionale, al fine di garantire ai cittadini e agli operatori del SSN il rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), inoltre è previsto il ricorso sempre più massiccio alla telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale
2- individuare le priorità di intervento in un’ottica di integrazione tra reti territoriali, ospedaliere e specialistiche
3- favorire la continuità delle cure per coloro che vivono in condizioni di fragilità, cronicità o disabili
4- disegnare un nuovo assetto istituzionale per la definizioni di Piani di prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico;
5- destinare risorse per la ricerca scientifica e il potenziamento della formazione in modo da rafforzare le competenze degli operatori sanitari.
Ritornando alla telemedicina bisogna specificare che si tratta di un campo in rapida evoluzione che negli ultimi anni ha registrato una crescita e un progresso significativi. Le esperienze più avanzate offrono una serie di vantaggi per i pazienti e per gli operatori sanitari, tra cui un migliore accesso alle cure e una riduzioni di costi.
Grazie ad essa, infatti è possibile attivare una rete ospedale-medici-territorio, per monitorare i pazienti, assisterli nelle malattie croniche e favorire la prevenzione.
La telemedicina ha fatto il suo ingresso nel SSN nel dicembre 2020, ed è intesa come una modalità di erogazione dei servizi di assistenza sanitaria tramite il ricorso ad tecnologie innovative (ICT), quando medico e paziente non si trovano nella stessa località.
Per le “sedi di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza territoriale” sono stati previsti investimenti per circa 7 miliardi, incrementati di 500 milioni con il contributo del Fondo Complementare.
Il PNRR ha ipotizzato una diversa articolazione del SSN assegnando un ruolo preminente alle strutture sanitarie territoriali:
1- Le Case della Comunità, alle quali sono stati destinati 2 miliardi di euro, rappresentano il punto primo di accoglienza del paziente con il compito di indirizzarlo verso i servizi di assistenza sanitaria primaria. Inoltre cura la promozione della salute e assicurare la presa in carico dei pazienti cronici, attraverso una equipe multi-professionale.
Al 31 dicembre 2022 era operativo l’8,5% del totale (122 case) delle 1350 case previste. Le case della Comunità dovranno essere dotate di strutture tecnologiche entro la metà del 2026; in questi punti facilmente accessibili sul territorio, il paziente potrà trovare servizi come gli ambulatori di medici di famiglia e pediatri. L’obiettivo è quello di costruire un’unica sede fisica dove il cittadino possa essere assistito da una equipe multidisciplinare.
2-L’assistenza domiciliare per cui si prevede il rafforzamento con l’obiettivo di prendere in carico almeno 800.000 nuovi pazienti over 65 anni per arrivare complessivamente ad assisterne 1,5 milioni . Sono previsti finanziamenti per 1miliardo per la telemedicina e 2,72 miliardi per l’assistenza domiciliare.
3- gli Ospedali di Comunità a degenza breve (15-20 giorni), strutture che operano 7 giorni su 7, destinate allo sviluppo delle cure intermedie tra ospedale e ambulatorio, accessi al pronto soccorso . Si prevede di realizzarne 400 entro la metà del 2026, con un massimo di 40 letti Al 2020 erano 163 le strutture esistenti, solo 8 delle quali al sud, il 5% . Il PNRR ha stanziato 1 miliardo.
Infine sono previste 600 Centrali Operative Territoriali, per un investimento di 204 milioni. Queste sono delle strutture che hanno funzioni di coordinamento della presa in carico della persona, il coordinamento degli interventi, il supporto informatico, logistico e monitoraggio, anche attraverso la telemedicina dei pazienti in assistenza domiciliare. Finora siamo molto indietro e al dicembre 2022 solo il 2,3% di quelle previste dal PNRR.
Dobbiamo al contrario rilevare, analizzando il testo del DM77/22, che il sistema sanitario continua ad avere “ l’ospedale” come riferimento primario (necessario per malattie gravi), rispetto ad un modello organizzativo di promozione e prevenzione della salute nei luoghi di vita, che prevede il coinvolgimento attivo delle comunità e delle persone, le quali devono diventare esse stesse protagoniste della propria salute.
Le istituzioni territoriali, la società civile continuano a manifestare tutto il loro disagio nel non essere coinvolte nelle decisioni calate dall’alto, ma soprattutto denunciano la mancanza di competenze per gestire i progetti concordati dal PNRR.
La medicina territoriale: il rischio di “scatole vuote”
Nel corso di questi ultimi tre anni sono emerse criticità che riguardano in primis il modo con cui i vari livelli istituzionali si interfacciano: Governo, Mef, Ministeri, Ragioneria dello Stato non operano in modo collegiale, (la mano destra non sa quello che fa la mano sinistra), con conseguenti inerzie e ritardi sul rispetto dei tempi programmati.
In secondo luogo un altro aspetto delicato è la ricerca dell’equilibrio tra standard nazionali vincolanti per tutto il territorio nazionale. Nel caso della riforma dell’assistenza sanitaria territoriale, ad esempio, i problemi si sono evidenziati con il mancato accordo in Conferenza Stato-Regioni.
Inoltre l’incertezza per quanto riguarda risorse disponibili per gestire i servizi sanitari una volta che i finanziamenti del Pnrr saranno esauriti. Si dovrà intervenire con più di 1miliardo per garantire la continuità dei servizi di assistenza domiciliare, così come, quando gli Ospedali di comunità saranno ultimati, si dovranno reperire circa 240 milioni per il personale.
Il quadro reale purtroppo è desolante. Il DM 71/2022 doveva rivoluzionare l’assetto e l’organizzazione della disastrata medicina territoriale, ma la riforma è ancora al palo.
Le Case di Comunità sono state rese operative solo in sei Regioni (E. Romagna, Lombardia, Piemonte, Molise, Toscana e Umbria) e in numero assai ben lontano dagli obiettivi prefissati: sono complessivamente 133, nemmeno un terzo delle 484 che dovrebbero essere aperte.
In dieci anni (2010-2020) gli istituti di cura sono diminuiti da 1.165 a 1054, con un taglio di circa 25mila posti letto di degenza ordinaria (da 215 mila a 190mila). I tagli alla sanità, riferiti allo stesso periodo, sono stati di circa 37 miliardi.
Tra il 2014 e il 2020 l’Italia registrava 3,2 posti letto per mille abitanti, mentre la media EU era di 5,3. Nelle regioni meridionali il dato scendeva a 2,4 ogni 1000 abitanti Il personale dipendente dal SSN è diminuito di oltre 42 mila unità tra cui 10.550 infermieri e 6.500 medici.
Dobbiamo registrare che raramente le Case delle Comunità o le associazioni tra medici sono divenute effettivi punti di riferimento per i cittadini e soprattutto nel meridione non ci sono strutture intermedie per degenze a bassa intensità clinica.
Un’ ulteriore criticità con cui la sanità pubblica si è scontrata già da tempo riguarda il potenziamento degli organici. Non si può realisticamente credere al rilancio del SSN senza l’assunzione del personale necessario, a cominciare dal personale già in organico assunto, durante la pandemia, con contratti precari.
Al contrario la tenuta del SSN è dovuta principalmente all’impegno dei medici e degli infermieri il cui lavoro deve essere valorizzato e riconosciuto dal punto di vista professionale ed economico, al pari dei colleghi europei.
L’impressione è che si voglia investire più sulle strutture che sulle persone. Non basta edificare Case o Ospedali di Comunità, sono necessarie anche ” la mente e le braccia” di tanti operatori ospedalieri, altrimenti si rischia di costruire “cattedrali nel deserto”..
Ormai l’attuazione del PNRR sta entrando in una fasi cruciale e la logica Top Down (un problema gestito dall’alto) sta mostrando tutti i suoi limiti. Non si centreranno obiettivi di trasformazione se enti locali e soggetti del territorio non saranno coinvolti.
Il PNRR si è impantanato. Secondo l’ultimo rapporto della Corte dei Conti su 18 miliardi destinati alla sanità al 31 dicembre 2022 l’Italia è riuscita a spendere poche briciole: 79 milioni di euro, ovvero lo 0,5% del totale programmato per il 2026.
Con l’aggravante che, in molti casi, la programmazione , a causa dell’iter interminabile, potrebbe venir superata da nuove normative. Ciò vuol dire che alcuni progetti già approvati potrebbero essere revocati o rimodulati.
Anche le Centrali operative territoriali, pensate per il coordinamento dei servizi sanitari, sono ferme: dovevano essere 650, invece ce ne sono 24, peraltro in funzione solo in tre regioni (Piemonte, Lombardia e Umbria). Siamo di fronte ad una quasi paralisi.
La magistratura contabile , infine, ha rilevato che il PNRR è stato portato avanti con molta lentezza e indecisione, tanto che ha determinato ritardi nel monitorare lo stato d’avanzamento dei progetti e lo slittamento nell’erogazione delle risorse al 2023.
La strategia … di Giorgia
Secondo l’Osservatorio PNRR Ambrosetti, finora è stato speso solo l’1%. in un quadro in cui il 65% dei piani passa per i Comuni. Si tratta, molto spesso di comunità sotto i 5.000 abitanti, con progetti frazionati in mille rivoli, che hanno la difficoltà di reperire risorse professionali capaci di elaborare progetti e muoversi nei meandri della burocrazia
Sono le risorse che l’Italia è riuscita a spendere nei primi due anni di operatività del PNRR e danno la misura del pantano in cui è finito il Recovery.Faund..
In effetti è già scattato il campanello d’allarme. Nel settore edilizio, per esempio, sarebbero a rischio cantieri per 20 miliardi relative a misure infrastrutturali che riguardano in particolare i progetti programmati per il quarto trimestre 2023.
Ma le cause di questa situazione quali sono? Secondo la Corte dei Conti le procedure messe in atto sono troppo farraginose e complesse, tanto che in pratica non consentono un agevole e tempestivo impiego delle risorse pubbliche.
Questo determina ad esempio, forti ritardi nell’edificare gli Ospedali di Comunità. Ne mancano all’appello 468 su 524, sono attivi solo 56, meno dell’11% di quanto programmato.
La Presidente del Consiglio, preso atto della situazione di immobilismo, ha deciso ancora una volta di intervenire con un Decreto legge, il DM 24 febbraio 2023 n°13, per superare le strozzature burocratiche,
Questo intervento normativo è caratterizzato da un testo “pesante” non solo per i suoi 58 articoli, ma per i temi che affronta con l’obiettivo formale di sbloccare la macchina degli investimenti pubblici. Questo ennesimo decreto, come del resto gli altri, non ha fatto altro che alimentare un contesto normativo sempre più complesso e di difficile gestione.
Analizzando il decreto si ha la netta impressione che, fermo restando l’obiettivo di eliminare le strozzature derivanti dalle procedure burocratiche, in realtà vengono tagliati “tutti quei lacci e laccioli” riferiti a organismi che garantiscono la partecipazione e il controllo a livello territoriale.
Ci sono importanti novità negative, il Decreto affronta il tema delicato della governance che viene accentrata nelle mani del Presidente del Consiglio, che avrà quindi tutta la regia e il presidio dei processi di spesa finanziati con le risorse comunitarie.
Nello stesso tempo viene eliminato il Tavolo per il Partenariato economico, sociale e territoriale. Inoltre viene sancito che in caso di contezioso tra le strutture territoriali e il centro operativo, il presidente del consiglio può intervenire e decidere in autonomia.
L’articolo 50 del DM sopprime anche l’Agenzia per la coesione territoriale le cui prerogative saranno accentrate nelle competenze della Presidenza del Consiglio.
Il vero obiettivo ispiratore del decreto non è più solo quello dell’attuazione del PNRR, ma la gestione dell’intero pacchetto dei finanziamenti che l’Europa mette a disposizione del nostro Paese.
In pratica l’on. Meloni e il suo governo hanno accentrano tutta la gestione del PNRR e dei fondi residui del settennato 2014-2020 a cui vanno sommati quelli dell’intero budget del 2021- 2027 (109 miliardi) per un totale complessivo di quasi 300 miliardi.
Nel contempo lo scontro fra Governo e Corte dei Conti si è fatto più esplicito. L’occasione è stata data dall’ultimo rapporto della magistratura contabile in cui viene rilevato ad oggi un quadro asfittico rispetto a quanto rilevato all’inizio dell’anno 2023.
Ma quello che divide governo e magistratura contabile è una questione più sostanziale. Nell’ottica di palazzo Chigi quello che viene contestato sono le modalità di d’intervento adottate dal Collegio di controllo: sono troppe e troppo analitiche, in questo modo si rischia di dover superare un ulteriore ostacolo pericoloso, specie in questa fase di confronto duro con Bruxelles
Non è una sorpresa perchè già nei mesi passati l’on. Fitto aveva criticato due delibere della Corte che accertavano il ”mancato conseguimento di traguardi qualitativi per l’aggiudicazione entro il 31 marzo degli appalti di 40 stazioni di rifornimento a idrogeno” mettendo in serio pericolo il raggiungimento del target .per le colonnine-
Il ministro rispose invece che compito della Corte doveva essere limitato all’individuazione di “ gravi irregolarità gestionali” ex-post, e, comunque l’idea dell’esecutivo era ed è quella di provare ad circoscrivere il perimetro delle delibere dei magistrati che, va ricordato, sono un organo indipendente.
L’impressione netta che se ne ricava, con buona pace di una gestione territoriale e del coinvolgimento della società civile, è che il governo ha accentrato tutta la partita delle risorse europee; in questo modo si è dotato di “una bocca di fuoco”(mi scuso per il termine militare) a suon di miliardi da gestire da palazzo Chigi. Senza nessun controllo.
Nello stesso tempo la presidente Meloni ha deciso, con l’assenso di quasi tutto il Parlamento e dell’EU, di utilizzare parte delle risorse del PNRR per acquistare munizioni ed armi per Kiev.
Stiamo verificando ormai da tempo come gli spazi di democrazia, in modo lento e silente, si stanno via via restringendo.
L’attuazione del PNRR sta entrando in una fase cruciale per tutti i soggetti in campo e soprattutto per il governo e le sue articolazioni ministeriali che entro la metà del 2023 dovranno rendicontare all’UE.
Il ministro Fitto ha detto a chiare lettere che ci sono progetti che l’Italia non sarà mai in grado di realizzare per il 2026. Si riferiva ai 27 progetti da approvare entro il primo semestre del 2023.
Inoltre per uscire da queste sabbie mobili, l’esecutivo, fin da novembre scorso, ha messo le mani avanti e sta cercando di trovare soluzioni che possano cambiare la tabella di marcia del Piano. I tempi a disposizione sono pochi e abbiamo la scadenza di fine giugno, ormai prossima. Bruxelles deve ancora sbloccare la terza rata la cui liquidazione sembrava imminente.
Ormai è evidente che il punto cui vuole arrivare la Meloni è quello di una riscrittura ed una revisione strutturale di alcuni obiettivi previsti due anni fa e superati dagli eventi, eliminando diversi progetti , specie quelli riferiti alle grandi infrastrutture.
Ma la situazione si sta evolvendo quasi ora per ora. La terza rata era data per sicura dal ministro Giorgetti, ma ancora ad oggi la Commissione EU è molto preoccupata per le scelte che potrebbe fare il governo italiano, con il risultato che ogni erogazione di denaro è sospesa.
La linea di credito che La Commissione EU aveva aperto nei confronti del governo Meloni si sta esaurendo. Anzi, nonostante tutti lo neghino, si è già esaurita. Troppe volte l’esecutivo italiano, ultimo in ordine di tempo le dichiarazioni dell’on Fitto, ha chiaramente manifestato l’impossibilità a spendere le risorse previste dal PNRR.
La Commissione ha comunicato al governo italiano di attendersi un pacchetto complessivo di richieste entro aprile, la risposta dell’on Fitto è stata 31 di agosto.
Ma la preoccupazione più grande di Bruxelles è la ridefinizione della tempistica dell’intero Piano da 191 miliardi di euro.
Ormai nelle stanze della Commissione avanza la paura del fallimento della più grande operazione economico-finanziaria messa in campo dall’Unione. Sarebbe un colpo mortale al processo di integrazione europea: la rinuncia per i prossimi anni a nuove forme di debito comune. Un vero disastro!