Vale la pena secondo noi fare una riflessione ulteriore sull’accordo appena siglato tra Governo e Sindacati – sul ruolo della P.A. come motore dello sviluppo del Paese e la sulla urgente necessità di investimenti che creino lavoro ed efficienza.
Nell’intervista rilasciata subito dopo da Landini si ribadisce il concetto della difesa del lavoro pubblico inteso essenzialmente in quello che gravita nelle sfera della sanità e della scuola.
Manca secondo noi un altro soggetto: il Credito.
Eppure nel sistema costituzionale italiano il credito è «un’attività imprenditoriale di rilievo pubblico funzionale al lavoro, al sistema produttivo, alla crescita e all’inclusione».
Per tali ragioni vale la pena insistere sul valore costituzionale del credito e del risparmio, non solo per rigettare le impostazioni che postulano la necessità di un ridimensionamento degli interventi pubblici in materia, ma soprattutto per sottolineare la specialità che caratterizza tale attività di impresa – necessariamente orientata (anche) alla realizzazione di fini costituzionali – il cui corretto esercizio da parte degli operatori economici è fondamentale per garantire il pluralismo economico e,
quindi, la democrazia.
Per queste ragioni non comprendiamo come e perchè nelle parole del sindacalista non compaia mai la difesa di un attività integralmente contenute nell’articolo 47 della nostra Costituzione che ricordiamo definisce il credito un attività imprenditoriale di rilievo pubblico funzionale al lavoro, al sistema produttivo, alla crescita e all’inclusione economica e sociale.
Bene hanno fatto i sindacalisti della Fisac Cgil di Lecce a riproporre un tema a noi caro.
Qui pubblichiamo il testo del COMUNICATO STAMPA sulla vicenda MPS.
Negli ultimi tempi numerose sono state le notizie diffuse su Banca Mps, con posizioni il più delle volte strumentali finalizzate a favorire chi pensa ancora di poter continuare a costruire le proprie fortune su questa Banca e sui suoi 21000 dipendenti.
Le varie soluzioni di mercato, in campo fin dalla scorsa estate, hanno fatto emergere una visione sempre troppo interessata sul futuro di questa Banca. A nulla è servito l’epilogo di una storia che ha fatto pesare sui lavoratori e sul Paese la crisi aziendale, fino a determinare la necessità di un salvataggio pubblico di Banca Mps. Per questo motivo, quello che è accaduto abilita, oggi, i lavoratori e l’opinione pubblica ad interessarsi delle prospettive di una Banca, il cui principale azionista è lo Stato. È evidente che un’eventuale operazione di aggregazione/incorporazione per la dismissione della partecipazione statale, in questo momento, non tutelerebbe né i lavoratori né il Paese, perché offrirebbe all’investitore di turno la possibilità di avvantaggiarsi della debolezza di MPS per capitalizzare, in termini di profitti privati, il valore di un investimento pubblico.
Abbiamo necessità, invece, anche alla luce della situazione economica derivante dall’emergenza pandemica ancora in atto (che richiede, anche, strumenti pubblici creditizi di intervento) che quell’investimento sia restituito alla collettività, ai lavoratori, alle famiglie, alle piccole e medie imprese attraverso una Banca che sia messa nelle condizioni di funzionare e di portare a termine un processo di risanamento già avviato con buone performance in diversi settori strategici. Tali risultati, raggiunti anche grazie alla competenza e alla professionalità espressa dai dipendenti, rendono Banca MPS, ancora oggi, un punto imprescindibile del settore nel mercato, su cui vale la pena continuare ad investire. In questo caso, non si tratterebbe dell’ennesima occasione di profitto per chi è pronto a speculare sulla situazione della Banca, ma di un intervento pubblico per il rilancio vero di Mps, il cui ritorno in termini di utilità sociale per il Paese dovrebbe essere garantito dalla permanenza dello Stato nel capitale azionario di Mps.
Decidere di non continuare a favorire l’accumulazione di capitali privati ai danni della collettività rappresenta non solo una necessità legata alla ripresa e allo sviluppo economico del Paese, ma anche un obbligo morale, una questione di etica, di equità e di responsabilità sociale.
Su questi temi chiamiamo in causa il nuovo Governo Draghi che sul ruolo del credito, così come sul modello economico, sociale e di sviluppo del Paese deve dimostrare di voler operare un’inversione di tendenza rispetto al passato.
Come Fisac Cgil Lecce, in rappresentanza di un territorio del Sud, fortemente colpito dalla crisi economica, chiediamo con forza al Presidente del Consiglio Draghi di porre tra le priorità dell’agenda di Governo “il dossier MPS” che rappresenta non solo la vicenda di 21000 lavoratrici e lavoratori e del loro futuro, ma anche l’opportunità che una ristrutturazione aziendale introducaall’interno dell’intero sistema, criteri ispirati alla responsabilità sociale di impresa e ad un ruolo dell’attività creditizia finalizzato alla tutela degli interessi collettivi e al sostegno dell’economia reale.
Lecce 10 marzo 2021