Persino in questa torrida e brutale estate siamo certi che una larga fetta di iscritti al Fondo pensione di Banca MPS resterà attonita dinanzi a quelle traiettorie impercettibili, come direbbe il maestro Battiato, su cui viaggiano imprevedibili le evoluzioni della sua gestione finanziaria.
Scendono in picchiate, atterrano meglio di aeroplani: cambiano le prospettive….
Come si ricorderà, infatti i portafogli finanziari sia del Fondo Pensione che della Cassa di Previdenza, sono in procinto di migrare dal gestore storico (la banca) ad una vasta compagine di asset management pronti a spiccare il primo volo.
Un bando veloce (forse troppo) potrebbe in linea teorica riservare qualche sorpresa. Chissà?
Dentro quell’orologio della finanza chiamato timing pare che l’ora x scattata il 24 febbraio scorso non sia mai arrivata, almeno a Siena. Infatti, i fondi pensione della Banca hanno scelto egualmente di approdare in un’altra era finanziaria (fuori dalla propria galassia) proprio ora, che tra l’altro, si apre uno dei più grande esodi mai applicato da un’industria finanziaria in Italia.
Un “normale” volantino sindacale comunicava laconicamente (e forse con insensata spensieratezza) il cambio dell’ Asset Allocation stategica, dedicando poco più di una riga all’abbandono della “plurisecolare” gestione finanziaria da parte del Monte.
Rinnoviamo ancora oggi la domanda: chi paga i nuovi gestori? Lo scopriremo solo vivendo.
Noi, malgrado tutto, conserviamo memoria di quella penosa vicenda relativa al rinnovo della polizza sanitaria integrativa almeno per la parte relativa ai pensionati.
Non riusciamo ancora a capire la differenza tra la sostenibilità dei costi sollevata dal Monte quando questi toccano le prerogative previdenziali e quelli urticanti della sfera assistenziale anche quando mirano alla medesima platea.
A noi ci piace ricordare quando al termine di un attento lavoro svolto alcuni anni fa, lo stesso CDA della Banca promuoveva la gestione interna dei FP in quanto economicamente più conveniente per sé e per i suoi dipendenti.
Decenni dopo decenni la squadra di gestione messa a disposizione dalla Banca ha conseguito ottimi risultati portando ai massimi storici le quote delle varie linee d’investimento dei Fondi pensione interni.
Questo ha consentito agli iscritti di approfittare della congiunzione di più fattori favorevoli (rendimenti importanti, tassi bassi e accesso facilitato al mutuo) anche per l’acquisto della casa di proprietà.
Oggi invece la nuova Asset Allocation presenta dei punti tutt’altro che chiari sotto il profilo tecnico; tanto è vero che tutte e le tre nuove linee arrivano nel loro complesso e in via ponderata ad avere il 30% di “beni reali” ovvero appartenenti al mondo di private equity, private debt e venture capital.
Negli ultimi anni, leggendo con cura i bilanci dei fondi pensione interni, tale componente era presente in quantità assai contenuta con la non trascurabile differenza che essa non era frutto della delega del gestione ma quanto di precise scelte di pertinenza dei CDA dei FP.
Ora la nuova AAS prevede il 30% investito in asset illiquidi proprio nella fase in cui la banca si accinge ad uscite massive di personale e quando il portafoglio dovrebbe restare liquido e in grado di rispondere in ogni momento alle sue esigenze di cassa.
A tale proposito la stessa Associazione private equity, venture capital e private debt ha dichiarato al Sole 24 ore il giorno 22 luglio scorso:
“che sebbene il settore per ora sembra avere superato con pochi danni le perdite che hanno colpito i listini azionari e obbligazionari, il futuro presenta incertezze e il mercato è diviso sulla sua reale tenuta. Saranno probabili aggiustamenti e correzioni delle valutazioni anche nel mercato private”.
*Pillola (un pò indigesta) di cultura finanziaria
PRIVAT DEBT comprende tutti gli strumenti di debito sottoscritti attraverso canali extra bancari da investitori istituzionali.
VENTURE DEBT comprende il finanziamento diretto ad aziende quotate in fase di start-up caratterizzate da un alto potenziale di sviluppo.