Le “Piccole donne” che stanno cambiando la storia dell’umanità

 

Dopo la lunga fase di lockdown causata dal Covid19, si iniziano a delineare i primi impatti socio economici e soprattutto ad iniziare ad immaginare ed in alcuni casi a riprogettare un mondo che inevitabilmente ha ricevuto un nuovo inatteso input nel suo continuo processo di cambiamento. 

Il virus ha inevitabilmente messo a nudo alcune contraddizioni ed accelerato la necessità di affrontare in modo più spedito alcune tematiche, tra cui quella ambientale. 

Nel mondo della sanità è emerso come il modello di cooperazione pubblico/privato funzionale in momenti di “normalità”, non ha in alcuni casi retto lo stress test della straordinarietà. 

I costi di quest’ultima si rivelano impraticabili per organizzazioni private orientate al profitto, mentre rappresentano un baluardo fondamentale per la salvaguardia del bene supremo ossia la salute i cui costi sono sostenibili solo a carico della collettività. 

Anche gli Usa, dove il modello privatistico è tuttora imperante, se ne accorsero nel corso della crisi del 2008, al punto che Obama provò in tutti i modi a far decollare un sistema sanitario misto privato/pubblico, per evitare i pesanti disagi anche sanitari che la crisi dei subprime comportò come effetto sociale.

Le fasi straordinarie come quella del virus, rimarcano come il pubblico abbia necessariamente una funzione di coordinamento e di paracadute di ultima istanza dove il privato inevitabilmente non arriva per il semplice fatto che non produce un ragionevole profitto. 

Il privato pertanto si rivela funzionale a gestire le fasi ordinarie o di nicchia in alcuni casi, mentre spetta al pubblico una funzione di indirizzo e di investimento con un’ottica di più lungo respiro.

Il tema clima sotto questo punto di vista è stato ancora più emblematico. L’arrivo della nuova presidente della commissione europea a fine 2019 ha posto il tema del green deal al centro dell’attenzione, ma è stato soprattutto l’impatto del virus a portare al varo del recovery fund, ribattezzato in modo forse più appropriato next generation eu

Progetti di lungo termine molto ambiziosi e soprattutto costosi come ad esempio la riconversione di alcuni settori verso altri approdi più compatibili, hanno trovato nel recovery fund una finalizzazione oltre che una potente arma finanziaria in grado di dare la spinta economica a questi progetti. 

Il tutto con in respiro di lungo termine, così lungo da riguardare soprattutto le prossime generazioni piuttosto che quella corrente. 

Da qui l’emblematico nome “Next Generation EU”. In questo modo magicamente anche alcuni tabù sono stati superati nel Consiglio europeo del 21 luglio 2020, in particolare il principio della possibilità di effettuare emissioni comuni. 

Il processo è ancora agli inizi, mancano infatti ancora i recovery plan nazionali tra cui quello italiano che vedrà il varo presumibilmente a gennaio 2021, anche perché nel frattempo il Next Generation Eu dovrà ancora ricevere il via libera unanime dei parlamenti del 27 paesi Ue. 

La commissione europea ha definito i due filoni principali di intervento, ossia green e digitalizzazione, arrivando anche ad indicare dei sotto indirizzi in ambito green con particolare riferimento all’idrogeno

Su questo tema anzi lo scorso 8 luglio la Commissione si è spinta a definire una vera propria tabella di marcia in tre tappe fino al 2050. 

L’Italia in questo ambito è chiamata a svolgere potenzialmente un ruolo di primi piano, se non altro perché ha tra le mani un possibile esperimento naturale rappresentato dalla produzione di acciaio ad impatto zero tramite idrogeno. 

Inoltre in Italia vi sono alcune aziende che già stanno portando avanti la sperimentazione del trasporto dell’idrogeno attraverso metanodotti già esistenti. 

Occorreranno evidentemente ulteriori cospicue evoluzioni tecnologiche e soprattutto tempo per poter trasformare questo progetto in posti di lavoro e prospettive per il futuro. 

Ma come prima ricordato, il piano è stato ribattezzato Next Generation Eu ossia con impatto soprattutto per le prossime generazioni. 

Il tema dell’idrogeno potrebbe implicare avere in mano la tecnologia per la produzione dell’energia del futuro in modo compatibile con l’ambiente nel caso di idrogeno cosiddetto verde, ossia prodotto per catalisi dell’acqua mediante impiego di energia da fonti rinnovabili.

Nel Next Generation Eu sono comunqne presenti potenzialmente diverse altre possibili azioni per trasformare l’esistente e quindi per generare impatti anche per la generazione corrente. 

In altri termini ce ne è per tutte le generazioni ma con preponderanza per le generazioni successive.

In estrema sintesi il virus ha avuto l’effetto di rispolverare un tema latente ossia il legame intergenerazionale. 

In senso più ampio ed antropologico ha sollevato l’interrogativo di fondo : qual è lo scopo di fondo dell’esistenza? 

Il benessere ed il piacere di un paio di generazioni o semmai quello di molte generazioni future al fine di garantire la sopravvivenza della specie in modo sostenibile? 

La risposta è arrivata in corso d’opera, proprio nel momento in cui il recovery plan è diventato Next Generation, diventando così l’emblema di un atto di lungimiranza che il pianeta ma soprattutto l’istinto di sopravvivenza ha richiamato come urgente e improrogabile.

Ora la parola passa alla capacità di coordinamento dei singoli stati in un processo che affida ai singoli stati la capacità di attuare nei prossimi anni i piani che verranno presentati. 

Il percorso è ancora irto di ostacoli. 

I fondi verranno erogati a stato di avanzamento dei lavori e molto dipenderà anche dalle evoluzioni del quadro politico nei vari paesi. Ma ormai il dado è tratto ed il processo appare irreversibile. 

La storia a volte propone delle coincidenze inattese come ad esempio la contestuale presenza al vertice di persone che hanno come unico scopo quello di passare alla storia più che di fare ancora carriera. 

È il caso della Merkel al suo quarto mandato, della Von Der Leyen ed della Lagarde che ha già avuto una brillante carriera al vertice del FMI ed ora arrivata al vertice della BCE. 

Le tre donne perfettamente allineate negli intenti: garantire un futuro alle prossime generazioni basandosi soprattutto sulla necessità di sviluppare manovre coordinate per un mondo green, utilizzando e finalizzando soprattutto la leva monetaria/finanziaria.

Le premesse ci son tutte. Ai posteri l’ardua sentenza!

                                                                                                                                                                                         Robin

Informazioni su Walter Bottoni

Nato il primo settembre 1954 a Monte San Giovanni Campano, ha lavorato al Monte dei Paschi. Dal 2001 al 2014 è stato amministratore dei Fondi pensione del personale. Successivamente approda nel cda del Fondo Cometa dei metalmeccanici dove resta fino 2016. Attualmente collabora con la Società di Rating di sostenibilità Standard Ethics.
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