Il giornale della donna, dal 1935, è stato un periodico italiano edito dal 1919 al 1943.
Fondato a Roma nel 1919 da Paola Benedettini Alferazzi, quale “settimanale di educazione sociale e femminile” si distinse nei primi anni venti del XX secolo per il convinto appoggio al fascismo.
Dal 1929, in occasione della trasformazione dei Fasci Femminili in un’organizzazione di massa, Il giornale della donna divenne organo ufficiale del PNF, sempre sotto la guida della fondatrice, con una periodicità quindicinale, anche trasferendo la sede legale e amministrativa nel Palazzo del Littorio.
A partire dal 1935, la testata mutò la denominazione in La donna fascista “Giornale delle organizzazioni fasciste del PNF”, continuando le pubblicazioni fino al 1943.
Sempre in quegli anni usciva la rivista “La difesa della razza, che pubblicò il Manifesto della razza nel 1938 e con cui Giorgio Almirante collaborò con articoli fin dal primo numero.
Il 5 maggio 1942 egli scriveva sulla stessa rivista:
«Il razzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia, e sia viva in tutti, la coscienza della razza. Il razzismo nostro deve essere quello del sangue, che scorre nelle mie vene, che io sento rifluire in me, e posso vedere, analizzare e confrontare col sangue degli altri. Il razzismo nostro deve essere quello della carne e dei muscoli; e dello spirito, sì, ma in quanto alberga in questi determinati corpi, i quali vivono in questo determinato Paese; non di uno spirito vagolante tra le ombre incerte d’una tradizione molteplice o di un universalismo fittizio e ingannatore. Altrimenti finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei; degli ebrei che, come hanno potuto in troppi casi cambiar nome e confondersi con noi, così potranno, ancor più facilmente e senza neppure il bisogno di pratiche dispendiose e laboriose, fingere un mutamento di spirito e dirsi più italiani di noi, e simulare di esserlo, e riuscire a passare per tali. Non c’è che un attestato col quale si possa imporre l’altolà al meticciato e all’ebraismo: l’attestato del sangue.»
Oggi siamo tornati al punto di partenza.