Ecologismo di facciata……?
a cura di Ugo Balzametti
Next Generation EU
Mancano ormai pochi giorni al 30 di aprile, quando i Governi dei 27 Stati membri dovranno presentare alla Commissione Europea il Recovery Plan. Covid-19 ha messo a dura prova le nostre società e le nostre economie, come mai era avvenuto prima. L’emergenza di sanità pubblica si è rapidamente trasformata nella crisi economica e sociale più grave della storia dell’Ue
Fin da primi giorni della pandemia l’EU ha preso provvedimenti straordinari per fronteggiare la crisi e ha messo in atto immediate misure che consentissero la massima flessibilità nel dare attuazione alle norme in materia di bilancio e di aiuti di Stato. L’Eurogruppo ha proposto un primo pacchetto di sostegno di 540 miliardi di euro per far fronte alla drammatica situazione
La partita che si sta giocando è decisiva non solo per come uscire dalla crisi sanitaria, ma soprattutto per non ripetere gli errori del 2008 quando la Commissione Europea decise d’intervenire assumendo rigide politiche di austerità che colpirono le fascie più deboli della società
Dunque siamo ad un passaggio epocale con al centro la scelta di investire nel Green Deal Europa, abbandonando le ricette del passato: ricostruire in modo radicalmente diverso, privilegiando l’innovazione, la sostenibilità, l’attenzione al disagio sociale e alle disuguaglianze cresciute in questi anni.
Messa a dura prova dall’epidemia di Covid-19, che ancora oggi fa registrare una media di 400 decessi al giorno, e da una crisi economica e sociale di dimensioni epocali, l’Unione Europea ha deciso di adottare un quadro finanziario pluriennale straordinario che comprende uno stanziamento di risorse, 750 miliardi di euro, denominato Next Generation EU ( o impropriamente Recovery Fund)
L’11 febbraio scorso il Parlamento europeo ha approvato il nuovo regolamento che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza, dotato di un dispositivo di 672,5 miliardi di euro, pari al 90% della dotazione totale, di cui 360 miliardi in forma di prestiti e 315 miliardi in forma di sovvenzioni. Il più alto stanziamento della storia dell’Europa. .
E’ importante sottolineare che per la prima volta i 27 Stati hanno deciso di unire le forze ed emettere debito comune
L’accordo politico raggiunto dalla Commissione europea a dicembre, e approvato dal Parlamento europeo, sarà declinato all’interno di sei paradigmi: transizione verde (il 37% della dotazione totale); transizione digitale (20%); occupazione e crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva; coesione sociale e territoriale; salute e resilienza economica, sociale e territoriale; politiche per la prossima generazione, compresa la scuola.
Per accedere ai fondi europei, i 27 Paesi membri dovranno elaborare il Recovery Plan, ossia i piani di ripresa e resilienza che approvino i rispettivi programmi di investimento per i prossimi 4 anni .
La valutazione dei Piani avverrà sulla base dei criteri definiti dalle nuove regole europee: pertinenza, efficacia, coerenza e attribuendo a ciascun Piano nazionale un rating in base al quale verrà definito il contributo finanziario di cui il Paese potrà disporre.
Questo vuol dire, ad esempio, che se al Piano italiano fosse attribuito un basso ratinig, il nostro Paese non potrà usufruire di tutti i 209 miliardi.
E’ molto importante precisare che il Recovery fund, non può essere un libro dei sogni o di buoni propositi, tanto meno la semplice elencazione di provvedimenti da assumere o la declinazione di progetti realizzati.
Dovrà essere un documento nel quale dovranno essere specificate dettagliatamente, motivate e giustificate le misure e le riforme da adottare. Saranno previste modalità di monitoraggio e la verifica dei risultati attesi e dei tempi previsti per la realizzazione degli obiettivi.
All’interno di questo complesso di regole vengono identificati sei criteri ambientali: mitigazione dei cambiamenti climatici; adattamento ai cambiamenti climatici; uso sostenibile delle risorse idriche e protezione delle acque; transizione verso l’economia circolare; prevenzione e controllo dell’inquinamento; tutela e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.
La Commissione europea, inoltre, ha deciso di introdurre una nuova regola che subordina l’accesso a tali fondi, al rispetto da parte dei Governi, degli standard dello stato di diritto.
Si chiama “regime di condizionalità” ed è una novità assoluta nella storia dell’UE: condizionare l’acquisizione dei fondi stanziati al rispetto dello Stato di diritto, significa riconoscere all’Unione un potere d’indirizzo sulla politica dei propri Stati membri. Un potere finora mai avuto. Salutato con favore da Francia e Italia, ha trovato invece opposizioni dai paese dell’Est Europa, Polonia e Ungheria.
La prima bozza per attivare la Tassonomia
Il 9 marzo, finalmente, è stato pubblicato il report finale sulla “Tassonomia UE” redatto, dopo circa un anno di lavoro, dal Technical Expert Group on Sustainable Finance (TEG). Compito del TEG doveva essere quello di individuare le attività economiche in grado di contribuire a raggiungere l’obiettivo emissione zero entro il 2050 e i relativi criteri di selezione.
Nel Rapporto finale sulla Tassonomia vengono classificati i principali settori economici (70), in base alla loro capacità di mitigare o di adattarsi ai cambiamenti climatici: quelli già sostenibili dal punto di vista ambientale (low carbon-economia a bassa emissione di carbonio),quelli che inquinano, ma di cui non si può fare a meno e a cui si chiede di fare il possibile per andare verso un’economia ad emissioni zero.
Si tratta di attività che vanno dall’agricoltura alla produzione di energia, dall’ICT (information tecnology) al comparto manifatturiero, dai trasporti alle costruzioni. Sono settori, precisa il TEG, che producono il 93% delle emissioni inquinanti.
Per ognuna La Tassonomia fornisce i criteri di screening in cui vengono descritte in dettaglio le soglie tecniche perché ogni attività possa essere considerata sostenibile.
Per lo più si tratta di attività green a tutti gli effetti che contribuiscono a mitigare l’impatto sul climate change. Alcune sono atttività inquinanti ma necessarie al sistema economico come i trasporti urbani, la generazione di energia elettrica, la produzione di cemento e di acciaio. Non possono essere cancellate dall’oggi al domani, ma si possono individuare i criteri che ne dimostrini i miglioramenti
Nello specifico i Recovery Plan dovrebbero destinare almeno il 37% della spesa totale ad investimenti a sostegno degli obiettivi sul clima stabiliti nell’accordo di Parigi. Vengono identificati sei obiettivi ambientali: mitigazione dei cambiamenti climatici; adattamento ai cambiamenti climatici; uso sostenibile delle risorse idriche e protezione delle acque; transizione verso un’economia circolare; prevenzione e controllo dell’inquinamento; tutela e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.
I settori economici sopra elencati fanno da riferimento anche per il mondo della finanza responsabile i cui referenti, dovranno sviluppare una politica di formazione permanente e garantire un’informazione chiara e trasparente sul grado di tassonomia dei prodotti finanziari che si offrono.
Per ogni prodotto finanziario, l’operatore, a partire dal 31 dicembre 2021, avrà l’obbligo di dichiarare in che misura gli investimenti siano allineati alla Tassonomia, espressa in percentuale del proprio portafoglio.
Il Regolamento sulla Tassonomia è entrato in vigore il 12 luglio 2020 e realizza l’obiettivo di creare “la prima lista di investimenti sostenibili” al mondo. E’ il cuore della strategia europea per garantire sostenibilità alla finanza, e quindi all’intero disegno del Green Deal europeo. Serve ad orientare i flussi finanziari privati e pubblici verso attività che contribuiscono alla transizione ecologica.
Per rendere operativa La Tassonomia la Commissione E.U è stata incaricata di presentare criteri di screening tecnici attraverso “atti delegati”. La proposta finale doveva essere pubblicata entro il 31 gennaio 2021, ma Bruxelles non ha ancora fornito una chiara indicazione sui tempi.
Le ambiguità della Commissione EU
Il 31 dicembre2021 doveva essere operativo il primo blocco di criteri tecnici di selezione delle attività da considerarsi sostenibili. Ma in realtà ancora non c’è accordo sulle regole per stabilire a quali condizioni un’attività possa essere definita sostenibile.
La causa del ritardo è essenzialmente politica: i criteri di questa prima proposta sono stati contestati da alcuni Stati membri dell’Europa orientale e meridionale (Polonia, Ungheria, Bulgaria, Croazia Rep,Ceca, Grecia,Malta Romania Slovacchia), che hanno lamentato, su pressione delle lobby industriali, che al gas naturale sia stato negato lo status di combustibile di “transizione”.
Le conclusioni,a cui era arrivata la Commissione, erano state dettate da valutazioni scientifiche e da un lavoro istruttorio, in base al quale i livelli di emissioni inquinanti delle centrali a gas non sarebbero potuti rientare entro i parametri richiesti per attestare un loro impatto positivo.
D’altra parte obiettivo della Tassonomia è proprio quello di incentivare le imprese europee ad adeguare i propri modelli aziendali ai i criteri di sostenibilità ambientale, sociale, puntando ad una progressiva riconversione dei sistemi energetici e industriali degli Stati membri
“ Non è la tassonomia che deve adeguarsi allo stato dell’arte dell’industria europea Al contrario svuotare di contenuti i criteri significherebbe ridurla ad un dispositivo che legittima il greenwashing aziendale”.
Poi è arrivata la bozza definitiva scritta dalla Piattaforma per la finanza sostenibile, organismo che si è insediato a settembre scorso per iniziativa della Commissione europea.
Il documento finale è stato sottoposto ad una consultazione pubblica, ma è stato letteralmente sommerso da una valanga di commenti e di critiche (oltre 46.000). A quel punto dieci Stati hanno chiesto e ottenuto il rinvio degli atti delegati.
Le reazioni delle Organizzazioni non governative
Come spiega bene Reclam Finance, la Commissione ha sollevato tanti interrogativi che potrebbero determinare l’effetto di annacquare la Tassonomia. Il pretesto di garantire flessibilità e finanziare la transizione di settori “non verdi” aprirebbe la strada all’inclusione di attività finora escluse.
La bozza inviata agli Stati membri è stata “intercettata” dal giornale on line francese Contexte. È stata pubblicata ed ha svelato novità importanti che riguardano gas, riscaldamenti, aerei, idrogeno, nucleare.
La Commissione stessa nella prima stesura aveva negato, alle lobby dell’estrazione e impiego di gas naturale, anche la qualifica di “combustibile di transizione” in base anche ai dati e alle valutazioni scientifiche avanzate da esperti della materia.
Inoltre un aiuto consistente alle lobby, nei fatti, si è avuto con le conclusione del Consiglio europeo dell’11 dicembre 2020 dei Capi di Stato e di governo, che hanno esplicitamente sancito il diritto degli Stati membri di scegliere “un mix di risorse energetiche e le tecnologie più appropriate per raggiungere gli obbiettivi europei di riduzione delle emissioni, con la decisione d’includere il gas naturale fra i combustibili di transizione.”
Bruxelles svela i nuovi criteri della Tassonomia che prevedono grandi concessioni alle industrie inquinanti.
Questa nuova proposta sulla “tassonomia” non ha nulla a che fare con gli obiettivi del Green Deal europeo (rendere sostenibile l’economia dell’UE, trasformando i temi del clima e le sfide ambientali in opportunità e rendendo la transizione inclusiva per tutti).; non è allineata all’Accordo sul clima di Parigi, e non ha nessuna base scientifica. Come è formulata arricchisce la tasche dei soliti noti.
Le opzioni della seconda bozza nei fatti accolgono le critiche sollevate delle grandi industrie che lamentano la difficoltà a “decarbonizzare” riferita a determinati ssettori produttivi.
E’ una resa totale alle lobby del gas, tanto più pericolosa perché, nel momento in cui anche altri paesi mettono a punto i loro sistemi concorrenti di classificazione degli investimenti, abbassare l’ambizione europea significa creare un precedente e trascinare al ribasso tutti gli altri.
Le scelte, che potrebbero essere assunte dalla Commissione Europea per applicare concretamente la tassonomia e il sistema con cui vengono classificate le attività economiche in funzione del loro impatto sul clima e sull’ambiente, non convincono le organizzazioni non governative.
Il gas è…verde?
È il giudizio provocatorio sulla Taxonomy Delegated Act espresso da 226 tra scienziati e responsabili di vari organismi, in quanto nella bozza sono comparsi tra i settori “sostenibili” anche il gas e il nucleare, che non c’erano nella versione precedente, elaborata dopo circa tre anni di confronto tra esperti.
Il documento della Commisione contiene affermazioni che sono contrarie alla scienza del clima. La tassonomia UE per la finanza sostenibile era stata indicata come riferimento scientifico per evitare una ecologia di facciata. Con questa proposta diventa essa stessa uno strumento di greewashing. Inserire i combustibili fossili nella tassonomia verde UE è un pugno nello stomaco in barba alle raccomandazioni fornite dagli esperti tecnici della Commissione.
Mariagrazia Midulla, responsabile clima e energia del Wwf Italia sottolinea che ”il gas è un combustibile fossile, l’idea stessa di classificarlo come ambientalmente sostenibile è una vergogna. Sono in gioco sia il Green Deal europeo che la leadership climatica globale dell’UE.
“Includere il gas nella finanza verde, ribadisce Sebastien Godinot del Wwf Europa, significa ignorare i rilevanti effetti ambientali del metano, un gas ad effetto serra molto pericoloso che viene rilasciato durante l’estrazione del gas fossile: l’impatto del metano sul cambiamento climatico, in un periodo di vent’anni, è fino a 84 volte maggiore della Co2, e se il gas dovesse rilasciare solo il 3% del su contenuto di metano, diventerebbe più inquinante del carbone”.
Si sdogana il gas e l’idrogeno prodotto con il gas e il procedimento CCS (stoccaggio del carbonio),quello che in gergo viene chiamato idrogeno grigio o blu che non ha niente a che fare con l’idrogeno verde che si produce mediante elettrolisi con elettricità rinnovabile.
Anche le centrali idroelettriche sono incluse tra le categorie sostenibili, ma per gli ambientalisti è una scelta sbagliata. Anche la plastica è da considerare “sostenibile” se “ completamente prodotta mediante il riciclaggio dei rifiuti di plastica.
Finanziare una centrale nucleare rientrerà nelle attività sostenibili, in quanto la Joint Reserch Center l’organismo scientifico di riferimento della Commissione Europea, paragona il nucleare all’idroelettrico. Tale scelta è inconcepibile- ha detto Godinot – responsabile Wwf Europa, se non si tiene conto degli effetti radioattivi.
Un altro punto dolente riguarda la bioenergia prodotta con la combustione di alberi che, in base alla tassonomia, sarebbe “sostenibile”. Infatti circa la gestione forestale, ha denunciato Ariel Brunner di Bird-Life International, le lobby dei paesi del nord Europa hanno lasciato carta bianca a chi ha interesse ad uno sfruttamento indiscriminato delle foreste.
Viene accettato come sostenibile ogni tipo di disboscamento, viene ammesso l’uso dei fertilizzanti, le tecniche di gestione forestale ammesse sono quelle nazionali, che vuol dire che non vengono introdotte buone pratiche; viene accettato qualunque sistema di certificazione. Tutto rimane come era prima della pandemia.
Nel lungo lavoro della Commissione per definire la finanza sostenibile non cè traccia ( o quasi) di criteri sociali, viene solo specificato che dovranno essere rispettate soglie minime in ambito sociale. Neanche fattori come la speculazione e l’evasione (elusione) fiscale vengo presi in considerazione.
Non nascondiamo le perplessità e la preoccupazione per le opzioni che sta per assumere la Commissione europea in tema di “Tassonomia”UE e di tutto di quello che ne consegue circa la reale volontà, al di là delle belle parole nei documenti ufficiali, di perseguire gli obiettivi del Green Deal europeo.
Vi è il rischio che gli attori economici e quelli istituzionali siano attratti solo dagli stanziamenti freschi da investire nei diversi comparti economici, per affrontare l’emergenza sanitaria, occupazionale , ambientale e venga perso di vista il quadro d’insieme, complessivo, sistemico che regola il modo di produrre, la creazione e la distribuzione della ricchezza sociale e l’utilizzazione delle capacità umane e naturali disponibili.
A questo proposito facciamo nostre le perplessità di Fabrizio Barca del Forum Disuguaglianze e Diversità a proposito della massa di richieste che il Governo sta rastrellando dai ministeri e dalle Regioni : ”una macedonia di progetti priva di strategia e obiettivi chiari e condivisi”.
Per questo sarà opportuno analizzare le proposte e la coerenza delle scelte che assumerà il Governo italiano in materia di Next Generation Italia che nessuno, fino a questo momento conosce.
Anche il Recovery Plan Italia conterrà solo una “pennellata di verde”?