Pensavamo di sentire intorno a noi quel calore sotto la brace che ha accompagnato le nostre vite sinora.
Nemmeno la cenere, come un velo distratto, ci ha mai impedito di scrutare l’utopia.
Si proprio l’utopia, quel caleidoscopio di forme e colori suonato con tutte e due le mani.
C’è invece una strana forma di silenzio che come una lama affilata rifrange la luce delle parole trasformandole in ombre fredde e mute.
La pandemia come ci insegna Emanuele Coccia all’inizio si impediva di percepire qualsiasi futuro, poi abbiamo capito: dopo esserci fatti la guerra per le più piccole differenze, ci troviamo schiacciati dall’evidenza di una comunità di carne senza proprietà, con mille identità simultanee, che vuole solo una cosa – la pace della carne, la pace della carne.
La nuova politica non poteva che partire da qui.
E invece l’uomo, scavando la polvere della terra ha ritrovato l’ascia con cui plasmare la nuova nuova distopia prossima ventura.
Quei manifesti vuoti che circondano le elezioni di questa nostra nazione ci raccontano con assoluta verità che la guerra, il clima ed il covid stanno combattendo una battaglia contro di noi senza avversari.
Neanche una bandiera bianca, nemmeno un asta e neppure il soffio del vento, tutto pian piano scivola dentro la notte.