di Ugo Balzametti
Affrontare il tema dei Laboratori di biosicurezza ci ha sollevato mille domande, ci siamo chiesti se fosse opportuno dare conto di fatti relativi a questo tema così delicato e sensibile. Con la guerra alle porte di casa nostra, questo è un tema che si presta ad essere investito e condizionato da notizie che non si possono verificare, o mezze notizie vere, o alimentare una filosofia complottista che disorienta ancor di più l’ignaro cittadino.
Un altro aspetto con cui ormai da tempo dobbiamo convivere è il modo strumentale con cui si viene giudicati qualora venga fatta una critica fuori dal coro, rispetto al sentire comune.
Valutati tutti questi elementi, ben sapendo che dovremo comunque muoverci su un filo sottilissimo, ci siamo convinti che, proprio in nome di quella trasparenza che abbiamo sempre rivendicato, sia opportuno dare tutte quelle informazioni che possano aiutare i cittadini a conoscere, farsi una autonoma e libera idea di come questi laboratori funzionano e possano svolgere il loro lavoro di ricerca scientifica utile a garantire il benessere dei cittadini
Due sono i fatti che ci hanno colpito e vogliamo approfondire. Il primo è relativo all’autorizzazione di vendita da parte del Comune di Pesaro di un terreno pubblico per realizzare un nuovo Biolaboratorio dove si possono manipolare virus.
Il secondo è riferito all’accordo del 21 giugno del 2021 tra il governo italiano e il “Centro internazionale per l’ingegneria genetica e le biotecnologie” che ha sede a Trieste.
Il Comune di Pesaro, con la delibera n°151 del 22/09/2022 votata a larghissima maggioranza ha autorizzato la vendita di un terreno pubblico, oltre 12 mila mq), per realizzare un secondo laboratorio di Biosicurezza gestito dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche.
Questo Istituto è un’azienda sanitaria pubblica che opera nell’ambito del SSN, garantendo per queste regioni prestazioni tecno-scientifiche in materia di igiene e sanità pubblica veterinaria.
Si tratterà di un laboratorio con rischio BSL3 che svolgerà da un lato la normale attività di ricerca, sia collegata alle tradizionali indagini diagnostiche, sia nel campo delle produzioni zootecniche. D’altra “garantirà la manipolazione e la sperimentazione, in vivo o in vitro, di agenti virali pericolosi per la salute umana e animale, in condizioni di massima sicurezza e contenimento biologico”.
Secondo la classificazione dell’OMS, i patogeni vengono divisi in classi di rischio a seconda della loro pericolosità nei confronti sia dei ricercatori sia verso la collettività. Ciascuno di essi deve essere trattato in laboratorio con un adeguato livello di biosicurezza che ovviamente aumenta al crescere della pericolosità.
Si passa quindi dai BSL1 a BSL4 con protocolli di sicurezza sempre più stringenti al fine di garantire che gli operatori possano lavorare in sicurezza e che materiale biologico non esca dalle mura del laboratorio.
Nel livello BSL 3 (biosafety-level-3) si studiano microorganismi più pericolosi che spesso si trasmettono per via aere: il microbatterio della tubercolosi, i corona virus della SARS e della COVID19 etc…
Tutte le procedure avvengono all’interno di locali in grado di garantire la sicurezza biologica per evitare la diffusione degli agenti all’esterno e il personale opera protetto da speciali equipaggiamenti protettivi.
Dobbiamo rilevare che, in mancanza di una idonea mappatura dei circa 90 laboratori BSL3 in giro per l’Italia (un inspiegabile primato mondiale), alcuni dei quali sono collocati dentro strutture farmaceutiche o militari, si corre il rischio di una diffusione incontrollata di questo tipo di laboratori. Il PNRR ne prevede 20, uno per regione.
Da segnalare che nel 2020 in piena pandemia, gli USA hanno trasferito dall’Egitto alla Sicilia all’interno della base militare di Sigonella il NAMRU3, un laboratorio di livello3 della Marina militare che conduce ricerche su virus e batteri, su malattie enteriche (infiammazioni intestinali), infezioni acute respiratorie, epatiti e TBC.
Nel livello BSL 4 ci sono strutture ad accesso rigidamente controllato, il personale riceve lunghi addestramenti e si lavora in condizioni particolari. Il livello è stato generato per manipolare patogeni ad altissimo rischio per gli esseri umani per i quali non c’è una terapia preventiva.
Poi negli anni 70 si è capito che determinati patogeni erano potenziali armi da guerra biologica e si è iniziato a lavorare e sperimentare anche su di essi-
Anche se la convenzione dell’ONU sulle armi biologiche e chimiche nè vieta lo sviluppo e l’uso, purtroppo non c’è modo di verificare se i Paesi rispettino il divieto. Lo scarso controllo internazionale ne aumenta i pericoli, soprattutto perchè le sperimentazioni avvengono in laboratori che si configurano come “stato nello stato”
In Italia i laboratori classificati con rischio BSL 4 sono due: l’ospedale Luigi Sacco di Milano e nell’Istituto per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. Sono laboratori collocati al centro della città o in zone altamente popolate.
La costruzione di un bio laboratorio ha subito sollevato le forti preoccupazioni di molti pesaresi poichè immediatamente sono state individuate delle similitudini con quanto è avvenuto nel laboratorio cinese di Wuhan, di livello di sicurezza BSL4. Secondo le valutazioni di alcuni ricercatori, mai verificate, si ipotizza che in quel laboratorio abbia preso il via la pandemia da Covid-19. La mobilitazione dei cittadini si tradotta in una manifestazione il 1 maggio u.s.
La gestione di questi laboratori ha costi molto elevati, ma sono strutture necessarie per conoscere e analizzare “il nemico virus” che talvolta è del tutto sconosciuto o nuovo per l’uomo e cercare di mettere a punto test di diagnosi e terapie.
Nel 2021 sono stati identificati 59 laboratori BSL4 operativi, in 23 Paesi. All’inizio del 2023 erano aumentati di dieci unità. Dopo la pandemia era normale prevedere questo incremento di laboratori, In Europa ce ne sono 26, in Asia 20, nel Nord America 15, in Oceania 4, in Africa 3, nel Sud America 1 in Brasile.
Però tale crescita, come affermano gli autori di un recente rapporto (Global BioLab Report 2023), non è stata accompagnata da altrettante politiche e strumenti di gestione del rischio. Soprattutto in quei Paesi instabili politicamente.
L’Unione Europea, al fine di contenere una crescita incontrollata dei BSL 4, ha creato un’infrastruttura di ricerca sugli agenti altamente patogeni che dovrebbe coordinare la costruzione e l’esercizio di queste tipologie di laboratori.
I rischi maggiori sono legati all’uso di animali. Se si fa sviluppare un virus in un animale sappiamo già che nasceranno varianti naturali, perché è così che si comportano i virus. Il tipo di attività che andrebbe a svolgersi, nella nuova struttura quindi, sarà quello di “quarantena e studio di animali colpiti da malattie virali o batteriche” , Questi laboratori si trovano per lo più negli Stati Uniti.
Nonostante le rassicurazioni, molti cittadini continuano ad esternare tutto il loro disagio in quanto “ i laboratori di livello di biosicurezza3 comportano rischi importanti riguardo a possibili fughe di agenti patogeni, come quelli di livello 4, che però sono soggetti a normative più restrittive,” tanto che nel mondo ne esistono solo una cinquantina, escludendo quelli protetti da segreto militare.
Ma oltre al tipo di rischio di livello BSL3 si aggiungono altre preoccupazioni. L’area individuata è zona sismica ( Marche e Umbria sono zone altamente sismiche) e la costruzione si collocherà dietro il Palazzetto dello sport, vicino alle abitazioni.
Inoltre c’è da valutare il fatto che la zona è a forte rischio alluvionale, essendo vicinissima al Foglia che molte volte è esondato. Tra l’altro la recente ondata di forti piogge ha completamente allagato l’area in cui dovrebbe sorgere il bio-laboratorio. Forse è opportuno trovare una nuova soluzione. In loco si ipotizza la zona di Urbino.
Comunque quello che ci lascia più perplessi è che né il sindaco né nessun assessore o consigliere comunale di maggioranza e/o di opposizione abbia sentito l’esigenza, prima di fare questa scelta complessa e piena di insidie, di coinvolgere i cittadini. Fornire loro tutte le informazioni utili per valutare in autonomia e piena libertà la scelta del Comune.
Chiariamo un aspetto centrale : non possiamo essere contro la scienza e la ricerca scientifica Dobbiamo valutare, guidati dal principio della precauzione e da un approccio pragmatico, quali siano i rischi e i benefici di questa scelta, la necessità e le priorità che scaturiscono dai sviluppi degli studi biomedici o se siamo di fronte, come spesso è accaduto negli ultimi anni, all’ennesima rincorsa a piani eterodiretti che nulla hanno a che fare con i nostri reali bisogni.
D’altra parte, azioni basate esclusivamente sul rifiuto e la negazione delle analisi scientifiche, sarebbero un grave errore politico perché veicolate dalla sola paura irrazionale, figlia della diffidenza e della non conoscenza: sarebbe il trionfo della non scienza. Se non è mitigata da razionalità e consapevolezza, la paura rischia di diventare l’anticamera dell’oscurantismo.
Il problema non è quello di impedire che questi Centri Ricerche vengano costruiti sul nostro territorio, ma nel momento in cui si studiano e si manipolano batteri, virus parassiti che possono causare gravi malattie negli umani, in queste strutture è possibile sperimentare cure efficaci e preventive.
Sicuramente la tematica è spinosa e si presta a facili o avventate valutazioni, ma non si può giocare sulla non conoscenza delle persone per perseguire obbiettivi non esplicitati..
La questione politica fondamentale su cui mobilitare i pesaresi è quella di avere la consapevolezza del diritto/dovere di controllo diffuso del cittadini capaci di rendere un efficace monitoraggio dal basso. Per troppo tempo l’atteggiamento della società civile è stato quello di delegare agli “esperti” la gestione di queste delicate decisioni.
Mai come in questo momento storico l’esercizio del diritto a sapere, ad essere preventivamente informati si fa cruciale e, mai come ora, c’è il rischio che gli spazi di democrazia si possano ridurre via via sempre di più. Lo stesso PNRR di fatto è stato pensato senza il contributo della società civile, nonostante le sollecitazioni della Commissione EU a coinvolgere le strutture territoriali.
Le Associazioni, le Università, gli Istituti di ricerca, le forze sociali devono esigere l’apertura di un “Tavolo di Confronto Istituzionale” con le amministrazioni comunali e le Regioni, assieme all’Istituto Bioprofilattico, con l’obiettivo di verificare l’utilità e l‘opportunità di creare nuove strutture di tal genere.
Un Tavolo permanente di confronto, di discussione e di monitoraggio che sia in grado, in tempo reale, di stabilire quali potrebbero essere le ricadute effettive in termini di benefici, salute e grado di rischio legato all’operatività di tali laboratori.
Se per insipienza o sottovalutazione non si vuole perseguire questa strada, certo più faticosa e impegnativa, soprattutto per chi ha le responsabilità istituzionali di decidere in tempi brevi, si rischia di lasciare il campo a realtà indistinte o ad un popolo variegato che raccoglie l’adesione delle più svariate associazioni No Vax, no green pass, associazioni contro tutti i vaccini, del Movimento 3V ( movimento Vaccini Vogliamo Verità) o aderenti alle varie teorie del complotto.
Abbiamo bisogno di ricercare la verità, di riaffermare la filosofia del dubbio guidato dalla razionalità scientifica libera, trasparente, al sevizio del bene comune. La paura è l’esatto contrario di tutto ciò . Se non mitigata da una intelligente razionalità si corre il rischio di alimentare oscurantismo e negazionismo.