di BIANCA DI GIOVANNI*
Franca aveva fatto quel lavoro fin da bambina: raggiungere il padre nei pascoli nel bosco per portargli acqua e cibo. Ed era una pastora bambina quando dovette superare una prova che dopo 70 anni ancora ricorda con lucidità e orgoglio. Affrontare un lupo affamato, che già aveva arpionato una pecora del suo gregge. Il predatore aveva scelto il momento migliore: erano rimaste indietro, Franca e un paio di agnelli. I cani e i pastori erano lontani, con il grosso del gregge.
Oggi, a 80 anni, quasi non ci crede di essere riuscita a salvare quel povero animale. Non che la vita di tutti i giorni non l’avesse abituata a incontrare animali selvaggi di ogni tipo. Per lei camminare nel bosco era roba da tutti i giorni. Viveva nella parte vecchia di Villavallelonga, un paese in provincia dell’Aquila circondato da foreste, faggete vetuste incontaminate e monti. La sua casa si trova nella parte rimasta in piedi dopo il terribile terremoto di Avezzano, che nel 1915 rase al suolo gran parte della Marsica mietendo circa 30mila vittime. Una vita durissima, la sua. Anche quando andava a scuola, alle elementari, doveva pensare a lavorare per il bestiame. All’inizio, da ragazzina, in groppa all’asino che, carico delle “copelle” (barili affusolati con cui portava l’acqua agli armenti) e di vasi colmi di cibo per gli uomini e i cani, faceva la spola tra il paese e le “mandrie” nei pascoli d’altura (all’Aceretta, a fonte Astuni, nella valle del fossato, ai prati della paura) dove le pecore trascorrevano la notte insieme ai pastori, protette dai cani e chiuse in recinti fatti con paletti di legno raccolti nel bosco legati da corde (gli stazzi). Più grande, ormai sposata e madre di famiglia, l’Ape della Piaggio aveva sostituito l’asino. Ma la spola su e giù è sempre continuata immutata, da giugno fino a quando, con l’inizio dell’autunno, iniziava la transumanza verso la Puglia o l’agro romano.
Figlia di pastori e moglie di un pastore, Franca ricorda le cene familiari sotto le stelle, quando raggiungeva il capofamiglia allo stazzo con tutti i figli e poi tornava in paese, solo per ripartire all’indomani, di prima mattina, per andare a ritirare il formaggio e le ricotte che, munte le pecore all’alba, il pastore preparava direttamente al pascolo, su un fuoco alimentato dalla legna raccolta nei dintorni.
Trascorreva molto tempo da sola sui sentieri che si inoltravano nei boschi e le è capitato più volte di vedere gli animali selvatici che popolano la valle: l’orso marsicano, i lupi, le volpi, i cervi, gli uccelli rapaci. Aveva schivato i cervi e ucciso le vipere che le attraversavano la strada. Ma il più pericoloso per le greggi era il lupo. Era un primo pomeriggio d’autunno di una settantina di anni fa quando in località Fonticella dovette vedersela a tu per tu con lui. Le pecore brucavano tranquille quando dal limitare del bosco irrompe un lupo e afferra con le robuste mascelle una pecora, che, terrorizzata, non riesce a liberare la zampa ben stretta nelle fauci. Franca ha con sé, come sempre, un’accetta e un grosso bastone. Comincia ad agitarli in aria ingaggiando un duello diretto con il lupo che, evidentemente affamato, non molla la sua preda. Per diversi minuti la bambina tiene a bada il lupo, che non trascina via la preda. Intanto le grida richiamano i cani che, alla fine mettono in fuga il predatore. La pecora è salva. La pastora ha avuto la meglio.
Le vite di frontiera delle donne in un paese di montagna sono raccontate da Franca e altre sue compaesane in una videointervista realizzata dal gruppo “In faggeta”, che sarà proiettata l’8 dicembre dalle ore 16 presso il centro anziani di Villavallelonga in occasione della mostra “Donne in faggeta”, con opere di artiste naturaliste. Agnese, Lucia, Francesca, Franca, Pasquarella e Urbana raccontano una vita di fatica, fatta di lunghe transumanze per uomini e greggi, e faticose marce a piedi di chi aveva gli animali o campi da coltivare. Per chi non aveva nulla c’era solo la legna del bosco, da barattare con il pane per sopravvivere.
Con questa iniziativa si vuole rendere omaggio a un paese che vive ai margini, ma che già 100 anni fa aveva fatto tesoro del suo patrimonio naturale. E’ del 1921, infatti, la cessione dei boschi ad un’associazione di tutela e conservazione. Un anno prima del regio decreto istitutivo del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
*BIANCA DI GIOVANNI (Ha frequentato per 30 anni i Palazzi del potere economico per seguire i numeri della finanza pubblica per l’Unita’. Oggi si dedica alla natura estrema e incontaminata e alla lotta al riscaldamento climatico seguendo un progetto di sviluppo sostenibile su arte e natura nell’Abruzzo interno, Regione in cui è nata)
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