Il post che oggi vi proponiamo fu pubblicato nel 2013 sul Blog previTeNdA radice della nostra attuale esperienza, con il titolo “Giuseppe Di Vittorio e l’articolo 39 della Costituzione”.
L’autore, ormai scomparso era il nostro carissimo amico Giuseppe Amari, uno dei più grandi studiosi del grande economista Federico Caffè.
Siamo certi che l’attualità del suo scritto vi sorprenderà.
Giuseppe Di Vittorio, ancora a metà degli anni ’50, reclamava l’applicazione dell’art. 39 della Costituzione sul sindacato e sulla contrattazione . In merito all’ultima questione, la norma costituzionale stabilisce testualmente che i sindacati : “ possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”. “Secondo questa norma – commentava Di Vittorio – tutti i sindacati hanno il diritto a partecipare alle trattative sindacali e alla stipulazione dei contratti collettivi unitariamente e in proporzione dei loro iscritti”, e così continuava : “ In tal modo viene rispettato un principio base d’ogni convivenza civile; quello secondo il quale un contratto – un qualsiasi contratto – è valido soltanto quando è stato liberamente stipulato e accettato dai lavoratori interessati, a mezzo dei loro legittimi rappresentanti”. Di Vittorio però era costretto a lamentare come alcuni parlamentari della Cisl (allora non c’era l’incompatibilità di cariche), a firma anche di Giulio Pastore, segretario generale di quella Confederazione, avessero presentato un disegno di legge teso a contravvenire all’art. 39. In sostanza si prevedeva che il Governo potesse, con suo decreto, dare riconoscimento giuridico, con validità obbligatoria per tutti, a un contratto stipulato da una sola organizzazione anche se minoritaria. Di Vittorio così commentava : “L’enormità, l’antidemocraticità e addirittura l’immoralità d’una tale proposta, non hanno bisogno di essere sottolineate”. Poiché gli stessi proponenti si rendevano conto della gravità della proposta cercarono mitigarla. Si prevedeva la istituzione di una Commissione ministeriale dei Contratti collettivi formata da delegati di tutti i sindacati rappresentati però in modo paritetico (e non proporzionalmente agli iscritti) che avrebbe espresso però solo un parere consultivo. Veniva ancora prevista la possibilità di indire un referendum confermativo, comunque dopo la approvazione del contratto. Ma la decisione di indire il referendum spettava sempre alla Commissione che deliberava a maggioranza, come detto sopra. Allora, per fortuna, non se ne fece nulla tanto era incredibile la proposta. Ma l’aver trascurato, anche da parte sindacale, la rivendicazione dell’ applicazione dell’art. 39, ci porta oggi, nella rottura dei rapporti unitari confederali, nella degenerazione delle relazioni sindacali e con politiche governative antisindacali e antisociali, in una situazione di fatto simile (se non peggio) a quella prefigurata dal disegno di legge prima ricordato. (g.amari – marzo 2013)
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I passi citati e la vicenda sopra ricordata sono tratti da “I sindacati in Italia, scritti di G. Di Vittorio, Giulio Pastore, I. Viglianesi, G. Rapelli, E. Parri , G. Canini, Bari, 1955.