di Mimmo Moccia
“We made a promise we swore we’d always remember no retreat , no surrender” , abbiamo fatto una promessa, abbiamo giurato che l’avremmo mantenuta, nessuna ritirata, credimi, nessuna resa. ( Bruce Springsteeen ).
In queste settimane che ci avvicinano al voto del 25 settembre questi versi del Boss mi hanno fatto costante compagnia. Dinanzi all’inarrestabile crescita di forze politiche parafasciste, al reazionario e becero populismo leghista, agli intrallazzi berlusconiani mi sono chiesto con smarrimento e incredulità, quando scende in campo la CGIL per difendere i valori universali di giustizia, libertà, uguaglianza? Quando reagiremo contro chi ha in programma la desertificazione dei diritti, la negazione del pluralismo e della tolleranza, contro chi ha avuto ed ha saldi, costanti, verificati rapporti con la feccia che ha assalito la sede della CGIL?
Domande che non hanno avuto risposte.
Forse qualcuno avrebbe dovuto spiegare che la giustamente rivendicata autonomia dell’articolo due dello Statuto della CGIL non è sinonimo di equidistanza, che ci sono frangenti storici in cui la CGIL chiama a raccolta i militanti e scende in campo per battersi con la più certa delle convinzioni e la più determinata delle volontà.
Il 29 giugno del 1960 la Camera del Lavoro di Genova si univa all’appello della sinistra e proclamava lo sciopero perché non si tenesse nella città medaglia d’oro della Resistenza il congresso del MSI. Lo fece perché era la cinghia di trasmissione dei partiti , perché non era autonoma o perché il governo Tambroni rappresentava un serio rischio democratico che andava battuto nel Parlamento e in piazza? E cosa pensa l’attuale gruppo dirigente della CGIL della futura triade di governo Meloni – Salvini – Berlusconi?
Il 7 luglio dello stesso anno la Camera del Lavoro di Reggio Emilia indiceva anch’essa lo sciopero generale e scendeva in piazza. I compagni Franchi, Tondelli, Reverberi, Farioli, Serri pagarono con la vita la loro coerenza ideale e valoriale.
All’undicesimo congresso Luciano Lama lasciava l’ incarico di Segretario con le seguenti parole: “ Parlare al cervello e al cuore , alla loro coscienza, in questo modo il sindacato è diventato scuola di giustizia, ma anche di democrazia, di libertà; ha contribuito ad elevare le virtù civili dei lavoratori e del popolo “.
Questa è stata e dovrebbe essere la storica missione della CGIL, un sindacato di programma e un soggetto protagonista del cambiamento, un soggetto capace di trasmettere alle persone e, soprattutto alle nuove generazioni la propria weltanschauung, la propria visione del mondo, di contaminare le coscienze, di coinvolgere uomini e donne nei propri valori, di mobilitarli nelle proprie battaglie e non praticare un’anemica collocazione in una terra di nessuno in attesa di quanto accadrà.
Chi si iscriveva alla CGIL ne diventava militante, ovvero partecipava attivamente alla vita dell’organizzazione e alle sue battaglie civili, sindacali, politiche.
Questo vale ancora oggi?
Dinanzi al crescente oblio dei giovani, alla dilagante amnesia della sinistra, alla drammaticità della condizione sociale, dobbiamo chiederci: abbiamo fatto quanto dovevamo e quanto era nelle nostre possibilità ? Abbiamo testimoniato i nostri valori?
Brecht ci insegna : ” Non aspettarti nessuna risposta oltre la tua “ .