Questo è il testo del discorso pronunciato dal Sindaco di Ravenna Michele de Pascale alla presenza del Presidente Sergio Mattarella.
Signor Presidente della Repubblica, autorità civili, militari e religiose, gentili ospiti, cari concittadini e care concittadine della Provincia di Ravenna. Ricorrono oggi i cento anni da un atto violento che sconvolse la nostra comunità e che insieme a Legacoop e alla Federazione delle Cooperative di Ravenna abbiamo voluto ricordare solennemente nei luoghi che videro quelle violenze fasciste e nel teatro Alighieri, cuore della nostra città.
Come Comune e Provincia di Ravenna volevamo che questo drammatico anniversario venisse celebrato con un evento istituzionale che, a distanza di così tanti anni, facesse comprendere come dai fatti di quei giorni, nella nostra città, si produsse un’escalation di violenze che condusse poi alla Marcia su Roma il 28 Ottobre e pochi giorni dopo all’incarico a Mussolini di formare il Governo.
La comunità ravennate è particolarmente legata a questo meraviglioso palazzo, antica residenza della famiglia Rasponi, struttura ricettiva, sede appunto della Federazione delle Cooperative e, nel dopoguerra Palazzo della Provincia di Ravenna, ente che grazie all’impegno dei miei predecessori, ha sempre avuto un ruolo centrale nelle politiche sociali ed economiche del nostro territorio. I meravigliosi giardini pensili del Palazzo, sotto la preziosa gestione della Fondazione Ravennantica, sono aperti alla fruizione di cittadini e turisti che possono da qui ammirare tutta la zona dantesca della città.
Per queste ragioni le abbiamo rivolto, Signor Presidente, l’invito ad essere qui con noi oggi e con grande gioia e infinita gratitudine La accogliamo a Ravenna. La nostra città ha avuto l’immenso onore di ricevere La sua visita il 5 di Novembre del 2019 per i 30 anni dalla morte del nostro illustre concittadino senatore Benigno Zaccagnini e poi, nuovamente, il 5 di Settembre del 2020 per l’apertura delle celebrazioni del Settimo Centenario della Morte di Dante Alighieri. Sono due momenti ben impressi nelle nostre memorie, la folla di giovani festanti che l’ha salutata nel 2019 non poteva certo immaginare le difficoltà che avrebbe poi affrontato il mondo della scuola pochi mesi dopo allo scoppiare della pandemia.
Così come la riapertura della Tomba di Dante, i versi e le note in Piazza San Francesco sono stati per noi il simbolo più bello di una tanto attesa ripartenza di musei e teatri. Ma questi esempi della nostra storia locale sono poca cosa a confronto della gratitudine che tutti i cittadini e le cittadine italiani provano per lei Presidente, per la guida autorevole e sicura che ha saputo esercitare in questi anni burrascosi.
Per la nostra comunità era veramente importante celebrare questo momento insieme a Lei e per questo le siamo veramente riconoscenti. La Provincia di Ravenna è un territorio attento alla memoria in cui Libertà, Democrazia e Repubblica sono patrimonio diffuso di cittadini e cittadine. Sono molteplici le istituzioni nella nostra città impegnate nella ricerca e nella divulgazione della storia del novecento, l’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea e la Fondazioni Oriani, ma anche l’ANPI e l’Associazione Spinaroni.
In particolare, anche per merito del compianto storico ed ex Sindaco D’attorre, non esiste altro luogo in Italia ove si sia indagato con tanto impegno e rigore la storia del movimento cooperativo. Ricordare, celebrare, conservare sono doveri civili nei confronti degli italiani di allora, ma anche dei giovani che hanno il diritto di conoscere la storia del proprio paese e delle proprie città. Peraltro le nuovissime generazioni sono le prime che non avranno l’opportunità di raccogliere la testimonianza diretta di chi ha vissuto quei giorni.
Nella mia vita, permettetemi una notazione personale, più di qualsiasi libro, film o studio, a farmi comprendere a fondo la gravità dei fatti di allora sono stati gli occhi e lo sguardo di mio nonno quando da bambino mi raccontava gli eventi tragici che aveva vissuto. Soprattutto l’impegno di studio e divulgazione della storia è il principale strumento per combattere il continuo tentativo di stravolgerla, di equiparare o invertire vittime e carnefici, di esaltare la memoria di chi si è macchiato di crimini e nefandezze.
Ma la memoria è anche uno strumento per comprendere il presente e per maturare una maggiore consapevolezza degli effetti che i propri atti e le proprie omissioni hanno sul futuro.
Questo vale in generale ma vale, come è stato ben argomentato da chi mi ha preceduto, nel descrivere l’articolato processo che può condurre uno stato libero a tramutarsi in una dittatura, attraverso una pluralità di azioni e l’uso cinico e razionale della violenza. Ravenna studia e tramanda la sua storia e questo ci permette oggi, a distanza di un secolo, di essere autenticamente moralmente e materialmente solidali al dolore e al dramma di quanti nel mondo subiscono dittature e violenze e che combattono per la propria libertà.
Una frase in particolare, del feroce squadrista fascista Italo Balbo, ideatore ed esecutore dell’assalto, rimarrà per sempre impressa nella mente e nella memoria dei ravennati: “Dobbiamo oltre a tutto dare agli avversari il senso del terrore.”
Ma chiediamoci, chi erano quegli avversari, ritenuti così temibili da diventare il principale bersaglio da colpire? Erano i braccianti che attraverso il loro lavoro e lo strumento cooperativo da decenni già stavano emancipando generazioni di uomini e donne, migliorando le disumane condizioni di lavoro presenti in agricoltura e in bonifica, organizzando il lavoro in senso democratico con quella che oggi definiremmo sussidiarietà verticale, facendosi carico di migliorare tutti gli aspetti della vita dei soci delle cooperative, anche attraverso gli strumenti per poter partecipare alla vita sociale e politica. Anche a me preme ricordare e celebrare, fra i tanti, le straordinarie figure di Nullo Baldini, padre fondatore della cooperazione ravennate e deputato per il Partito Socialista, e Giacomo Bindo Caletti, dirigente cooperativo e poi primo presidente della Provincia di Ravenna ricostituita nel dopoguerra nel 1951.
La cooperazione ravennate dell’inizio del novecento ben interpretava il senso della futura celebre frase del Presidente Pertini: “Battetevi sempre per la libertà, per la pace, per la giustizia sociale. La libertà senza la giustizia sociale non è che una conquista fragile, che si risolve per molti nella libertà di morire di fame.” Per il fascismo nascente la cooperazione andava colpita, non tanto o non solo per l’appartenenza politica socialista, ma perché allo stesso tempo si occupava sia della libertà che del pane per i suoi soci, e lavoratori e lavoratrici liberi e consapevoli erano un pericolo per le sue mire di potere. Il valore della cooperazione è fra i fondamenti della nostra Repubblica che all’Articolo 45 della nostra Costituzione riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata.
La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità. Questo riconoscimento, che i padri e le madri costituenti vollero dare alla cooperazione, deve essere un monito anche per le istituzioni del presente e nel citarlo non posso non portare, in questa sede, la piena solidarietà ai soci e ai lavoratori della CMC di Ravenna per la difficile situazione che stanno vivendo, che tutti auspichiamo possa risolversi celermente.
Signor presidente, ricordando oggi la violenza squadrista dell’estate del 1922, a differenza degli italiani di allora, che probabilmente, durante il ventennio, faticavano a vedere la luce in fondo al tunnel della dittatura, noi sappiamo che dopo quegli anni di sofferenze e umiliazioni, l’Italia sarebbe stata liberata dalle forze partigiane e dalle truppe alleate e avrebbe saputo poi rifiorire attraversando si altri giorni difficili e ma anche grandi successi. Viviamo un tempo che mai avremmo immaginato di vivere segnato dalla pandemia da Covid-19, dalla tragica aggressione della Federazione Russa all’Ucraina, dall’inflazione che colpisce famiglie e imprese e dai cambiamenti climatici. Scelte sbagliate che abbiamo alle nostre spalle rischiano di farci sentire ancora più deboli e spaesati. Ma poi pensiamo alla nostra storia, al Risorgimento, alla lotta di Liberazione, al Referendum del 2 giugno 1946 tra Repubblica e Monarchia, con la nostra provincia che ha avuto il miglior risultato in Italia a favore della Repubblica l’85,1%, e alla scelta europea, con la più alta affluenza alle prime libere elezioni per il Parlamento Europeo. Ravenna e la Romagna hanno sempre saputo dare il loro contributo unico e decisivo, è stato così in passato, è così oggi e sarà così anche in futuro, ma lo hanno fatto anche grazie all’esempio di quella tempra, di quello spirito di sacrificio e di quella intraprendenza che segnarono la storia dei liberi braccianti di questa meravigliosa terra