Vero
COVIP 2019
Sono ormai trascorsi oltre 400 giorni da quando la COVIP (l’autorità di vigilanza della previdenza complementare) sottopose a consultazione lo schema delle Direttive alle forme pensionistiche complementari, in merito alle modifiche dal Decreto legislativo 13 dicembre 2018, n. 147, in attuazione della direttiva (UE) 2016/2341, che proprio ora il Presidente Mario Padula, in audizione presso la Commissione Lavoro Pubblico e Privato, Previdenza Sociale del Senato della Repubblica ha esposto la propria visione in merito ai riflessi dell’emergenza epidemiologica sul sistema finanziario ed in particolare, per i fondi pensione.
A dire il vero, non ci procura particolare giovamento il giudizio conclusivo che definisce tranquillizzante l’andamento della gestione finanziaria che, a suo dire, grazie ad un intensificata interlocuzione dei fondi con i gestori finanziari, a cui è stato concesso maggiore margine di flessibilità rispetto ai limiti di investimento individuati nelle convenzioni gestorie, di natura quantitativa ha consentito una tenuta di fondo delle forme pensionistiche complementari.
Ci preme invece segnalare che nello schema di consultazione al “comma 6 dell’art. 4-bis, è prescritta l’adozione di misure atte a garantire la continua e regolare operatività anche in caso di situazioni di emergenza. In relazione alle maggiori fonti di rischio identificate in via autonoma da ciascun fondo pensione negoziale e preesistente con soggettività giuridica, l’organo di amministrazione adotta un piano di emergenza (contingency plan), altrimenti detto anche di continuità operativa, che descrive i meccanismi e i processi interni per la gestione di eventuali criticità, e lo rivede e aggiorna periodicamente, con cadenza almeno triennale. Il piano di emergenza è reso noto al personale interessato dal piano stesso, così da assicurare la piena consapevolezza delle attività da espletare al ricorrere di situazioni di emergenza”.
Non avere ancora tradotto in norma tale attività vista l’attuale contingenza non è certamente positivo. Ciò ha comportato che gli aspetti meramente operativi hanno prevalso sulla piena assunzione di responsabilità degli organi amministrativi.
Inoltre, merita attenzione, l’articolo 1, al comma 6, prevede che il Documento della politica degli investimenti vada sottoposto a revisione periodica almeno ogni tre anni ovvero in ogni caso di variazione significative. Appunto!
Le criticità dei mercati finanziari globali che stanno accompagnando l’evoluzione della pandemia avrebbero invece consigliato di creare un cabina di regia d’emergenza in grado di accompagnare l’intero sistema nella difficile traversata in cui è pienamente immerso.
L’eterogeneità con cui la crisi pandemica ha colpito il mondo del lavoro impone una più robusta capacità d’analisi e semmai il coraggio di proporre strategie di contenimento inedite.
Al di là dei giusti processi di razionalizzazione e di efficientamento, finora perseguiti, della macchina previdenziale integrativa, forse è giunto il momento di scelte più radicali capaci di immaginare pochi e grandi veicoli costruiti non su una varia architettura contrattuale vicina al vecchio secolo ma bensì su un vero progetto di trasformazione integrato della nostra società.
Occorrono sensibilità, e protagonismi multipli in grado di frantumare gli antichi formalismi sindacali e imprenditoriali più attente ad imbrigliare il sistema di rappresentanza piuttosto che a liberare le leve di cambiamento di un autentico sviluppo.
La previdenza integrativa non è risparmio finanziario del lavoro è un progetto che nasce dentro le fabbriche e gli uffici ma guarda ai tempi ed ai luoghi della vita, oltre gli ingranaggi della produzione.
L’emergenza COVID ci ha insegnato anche questo: una grande forza di coesione sociale è stata in grado di rimettere al centro la vita piuttosto che l’economia.
Oggi a distanza di 400 giorni inoltre ci appare irreversibilmente superata la divisione tra finanza tradizionale e finanza sostenibile.
Ora che il rischio ambientale, sociale e di governance è divenuto realtà non abbiamo più bisogno di sostenere nuovi stress test per capire che questo confine è scomparso per sempre.
Le metriche di misurazione del rischio devono fare i conti con una fusione a freddo del sistema capitalistico globale che presto farà esplodere le diseguaglianze se non saremo capaci di nuove politiche e perché no di nuovi protagonismi.