A cura di Ugo Balzametti
La finanza climatica
Uno dei temi che a Glasgow, nel novembre scorso, ha maggiormente mobilitato l’attenzione dell’opinione pubblica è stato quello riferito alla finanza climatica. E’ argomento complesso, molto discusso e, malgrado gli annunci dal forte impatto mediatico, è rimasta disattesa la crescente domanda di un intervento tempestivo e forte di contrasto al cambiamento climatico.
Il fenomeno richiede una soluzione collettiva, a livello di Pianeta. L’iniziativa di un singolo Stato è poco incisiva. Inoltre vanno considerati i costi economici della transizione ecologica, costi, che a vario titolo, possono riguardare lavoratori, comunità, consumatori e se non sono gestiti in modo corretto e trasparente, possono tradursi in rischi tali da compromettere la stabilità economica e la stabilità sociale, con esse l’efficacia stessa delle politiche climatiche.
La pandemia ha costituito un forte momento di discontinuità, ma con la ripresa delle attività produttive il problema del clima è tornato a farsi sentire. La ripresa economica ha comportato un vertiginoso incremento dei prezzi energetici, dettato dallo squilibrio tra riduzione di investimenti in energia da fonti fossili ed insufficiente investimento compensativo in rinnovabili.
Le misure primarie di decarbonizzazione, secondo l’International Energy Agency, (IEA), cioè il passaggio da fonti fossili a fonti rinnovabili, richiedono investimenti stimati in 5 mila miliardi all’anno entro il 2030. Un aspetto fondamentale è che l’impatto non è equilibrato tra aree geografiche, tra settori e tra tipologie di lavoro.
Per prevenire e limitare i costi economici e sociali della transizione ecologica, si parla di transizione giusta che prende le mosse dall’accordo di Parigi del 2015, per sottolineare la volontà di integrare all’interno delle politiche climatiche, elementi volti a minimizzare gli impatti negativi sull’occupazione e sulla società.
Ma la transizione ecologica non riguarda solo la questione climatica e l’uscita rapida dal sistema dei combustibili fossili, ma deve affrontare anche la drammatica perdita di biodiversità, le profonde disuguaglianze tra emisferi, tra generi, tra generazioni e il modello di sviluppo stesso di produzione e consumo, l’idea di una crescita infinita.
A causa della combinazione tra sovra-sfruttamento delle risorse e cambiamento climatico, ormai è stato raggiunto “il picco” della capacità estrattiva di fonti fossili che garantiscono l’attuale sistema economico. Questo mette a repentaglio il rapporto ,pensato immutabile, tra crescita economica e disponibilità delle fonti energetiche.
(continua)