Nel precedente post ci siamo occupati dell’equazione a due incognite di cui nessuno sembra accorgersi, ovvero qual’è la vera relazione in tema di Green pass tra la x (in) e la y (out) nel triangolo: lavoro, fabbrica ed ambiente.
L’unico risultato incontrovertibile è che l’incognita x è declinata in una serie infinita di variabili e quella y tende ad un dato periodico sempre più spostato nel tempo.
Eppure, in pieno territorio out, nonostante la finanza mondiale risponda presente alla chiamata della Cop26 di Glasgow mettendo a disposizione 100mila miliardi per la transizione energetica, che sarebbe anche quanto necessario nei prossimi 30 anni, Greta Thunberg e Vanessa Nakate hanno subito alzato il cartello delle nuove generazioni «End Climate Betrayal», fermate il tradimento climatico.
Come mai questi due mondi non si parlano? Bla 26 risponde pronto il Manifesto.
Dopo più di 1.000 giorni da quel lontano 8 marzo del 2018 in cui la Commissione UE lanciò il Piano d’azione sul finanziamento della crescita sostenibile poco o nulla è cambiato in tema di nuovi profili di soggettività nella grande platea degli investitori istituzionali e gestori patrimoniali che calcano la scena dell’odierna Finanza.
Come scrissi allora è rimasto tuttora inascoltato l’appello lanciato dall’HLEG (High-Level Expert Group) rivolto al risparmio finanziario e che nasce dalla consultazione obbligatoria dei veri beneficiari in tema di sostenibilità dei sottostanti processi d’investimento finanziari.
Stewardship, questa sconosciuta
Questa ricerca ha un nome: Stewardship, una parola, che letteralmente significa: “gestione etica (responsabile) delle risorse”.
Tale passaggio introduce il delicato tema dei doveri fiduciari degli investitori e dei fondi pensione nei confronti dei membri e dei beneficiari in grado di riflettere anche sui rischi ESG inside-out degli investimenti come parte dei processi decisionali di investimento.
La stessa Commissione Ue riesaminerà come la direttiva sui diritti degli azionisti possa riflettere meglio gli obiettivi di sostenibilità dell’UE e allinearsi alle migliori pratiche globali nelle linee guida per la stewardship.
Pertanto la Commissione chiederà all’EIOPA di valutare la potenziale necessità di ampliare il concetto di “interesse superiore a lungo termine dei membri e dei beneficiari” e introdurre l’obbligo di considerare gli impatti sulla sostenibilità nel quadro degli investimenti pensionistici.
Il 10 marzo 2021 abbiamo assistito al varo della Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR) che ha imposto obblighi di divulgazione ESG obbligatori per i gestori patrimoniali e altri partecipanti ai mercati finanziari.
A maggio di quest’anno i fondi pensione negoziali (FPN) sono stati chiamati ai primi adeguamenti del Reg. 2019/2088 (SFDR). Ciò ha comportato che le Note informative sono state aggiornate con l’indicazione dei comparti sostenibili ed è stata compilata per la prima volta l’Appendice sulla sostenibilità.
Il risultato è lapidario come bene ci racconta Antonello Motroni (Ricercatore area economia e finanza presso Mefop): sono 81 (sui 99 analizzati, 82%) i comparti offerti dai 33 FPN che non rispettano i criteri di sostenibilità del Reg. 2019/2088. Di contro, le linee classificate come sostenibili sono 16 (16%); di queste 13 (13%) promuovono caratteristiche sociali e ambientali e 3 (3%) hanno come obiettivo investimenti sostenibili (due dei 99 comparti non sono stati considerati per incoerenze nella Nota informativa).
Quindi ricapitolando, l’analisi condotta da Mefop sui comparti dei Fp chiusi rileva che le linee classificate come sostenibili ai sensi degli articoli 8 e 9 rappresentano il 16,3%; nell’81,3% dei casi si fa riferimento alla promozione di caratteristiche sociali e ambientali (art. 8) e nel rimanente 18,8% le si è considerate come aventi un obiettivo di sostenibilità (art. 9).
Come se non bastasse l’art. 6 bis del d.lgs. 252/2005 che applica la direttiva Shareholder Rights II ha previsto l’obbligo, per i fondi pensione italiani dotati di soggettività giuridica e con almeno 100 aderenti, di predisporre e pubblicare la propria politica di impegno o le motivazioni del mancato adempimento (secondo il principio del comply or explain) entro lo scorso 28 febbraio.
Il risultato desolante è tutto in quest’immagine
Comply, no grazie
Il 22 ottobre 2021 le Autorità europee di vigilanza ESA – European Supervisory Authorities (EBA,EIOPA ed ESMA ovvero Banche, Assicurazioni, Fondi Pensione e Strumenti finanziari) hanno pubblicato la loro relazione finale sulla bozza di norme tecniche di regolamentazione (RTS) sulle informazioni relative alla tassonomia per i prodotti finanziari soggetti agli obblighi di informativa di cui all’articolo 8 e all’articolo 9 del regolamento sull’informativa sulla finanza sostenibile (SFDR).
Secondo lo Studio Legale Associato Simmons & Simmons è lecito aspettarsi che la chiara creazione di sottocategorie all’interno dell’articolo 8 sarà, nel tempo, seguita da un aumento della sofisticazione della domanda degli investitori: alcuni investitori non considereranno più sufficiente un prodotto finanziario che è semplicemente soggetto all’articolo 8 e riterranno necessario richiedere prodotti finanziari ai sensi dell’articolo 8 che impegnino una percentuale minima per investimenti sostenibili e un potenziale allineamento tassonomico. Ciò si allinea anche con il concetto di “preferenze di sostenibilità” ai sensi delle modifiche alle regole di valutazione dell’idoneità MiFID (applicabili dall’agosto 2022) che includono, come uno degli arti delle potenziali preferenze di sostenibilità di un cliente, prodotti che investono una quota minima in investimenti sostenibili o investimenti allineati alla tassonomia, come determinato dal cliente.
La partita doppia dei doveri fiduciari
Questa giusta previsione ci conduce dentro il nucleo dell’atomo ovvero dei protagonisti reali ed occulti dei noti doveri fiduciari, ove poi si osservi che la materia della Governance non si esaurisce nella questione della doppia materialità (rischi e politiche attive della sfera ESG) ma ridisegna con precisione i ruoli giuridici amministrativi e i compiti di rappresentanza effettiva nell’ambito della cosiddetta democrazia economica.
Ad esempio la costellazione del risparmio previdenziale privato assegna ad alcuni soggetti collettivi la formazione degli organismi di governo di questo specifico risparmio finanziario.
Talchè le Parti datoriali e sindacali costituiscono gli interlocutori diretti dei titolari dei flussi salariali senza che ciò li impegni a definire in maniera chiara e trasparente programmi ne tantomeno processi di coinvolgimento diretto degli aderenti.
In un momento in cui l’industria finanziaria si sta completamente digitalizzando questa forma di risparmio risulta pietrificata in una dimensione quantomeno preistorica.
Quanto alle componenti datoriali che a nostro avviso hanno esaurito la loro spinta propulsiva la legge dovrebbe ormai solo riconoscerne un ruolo di conservazione e controllo.
La stessa distanza che corre tra le piazze del Fridays for Future e le Nuvole del G20 sono quelle che misurano la ricchezza che nasce dal lavoro e il declino ambientale dell’umanità.
A chi spetta scrivere secondo voi i nuovi capitoli di una finanza che come su “un albero della ragione” cominci finalmente a produrre i frutti di cui l’uomo ha veramente bisogno?