C’è un grande e poco conosciuto giacimento finanziario in Italia di circa 170 miliardi di euro, alimentato da poco meno di 9 milioni di lavoratori, che è divenuto
carburante nel motore di quella “grande finanza” che non conosce luogo, non abita nessun Stato ma che scorre comunque dentro quell’immenso patrimonio portatile in grado di colpire ovunque senza lasciare né traccia né colpevoli.
Pur nascendo perlopiù dalla fabbrica non è riuscito a tradursi in generatore di forza sociale e motore di progresso ma piuttosto disegna plasticamente la grande crisi della fuga del denaro dalla vita di tutti noi. La vita di tutti abbandonata ai bordi della strada che un tempo si chiamava progresso.
Denaro contro il lavoro, contro i territori, contro i valori di coesione e progetto sociale, contro la conservazione delle radici culturali delle nostre comunità.
Se il lavoro fosse un frutto noi sapremmo bene cosa consumare e cosa conservare per la propria vitale riproduzione. Il seme di questa pianta evoca una responsabilità nuova non solo verso l’altro che mi precede, ma anche verso l’altro che viene dopo di me. Il seme appunto.
Proprio per questo non possiamo dirci indifferenti al terreno, all’aria e l’acqua con cui faremo crescere questo seme poiché da questo ne discende la nostra dignità umana ce lo vogliamo a no.
Quasi un secolo fa nasce qui un seme chiamato TFR. L’Italia era allora un immenso paese contadino che si accingeva ad inghiottire le propria cultura pur di sposare la logica della produzione e del consumo.
Estrarre valore per spostarlo altrove senza neppure custodirlo era come rinunciare al lievito madre per la riproduzione. Questo ha creato le premesse per un sovranismo ambientale che non solo ha prodotto il più grande disequilibrio nella storia umana della distribuzione delle risorse naturali ma ne ha anche compromesso la conservazione per le generazioni future.
Non sono solo scomparse intere specie nell’ecosistema ambientale ma progetti valoriali ed ideali che avevano tenuto connesso storicamente il nostro seppur fragile frastagliato tessuto sociale.
L’intera geografia industriale ne è stata integralmente stravolta: delocalizzazioni fiscali e/o produttive sono sotto i nostri occhi.
Oggi la stessa Banca d’Italia ci dice che la bassa capacità di attirare e trattenere gli investimenti, misura della “salute” dell’economia e importante fattore di sviluppo della stessa, non pare spiegabile sulla sola base dei dati economici. Analisi condotte misurando la differente qualità delle istituzioni tra paesi e il contesto sociale territoriale in Italia confermano che questi fattori meta-economici contribuiscono a spiegare la geografia degli investimenti tra nazioni e sul territorio italiano.
Questo significa che all’intera architettura sociale e politica edificata in questi anni è mancato un progetto di progresso che è favorito una crescita malata ed irresponsabile. Oggi in Italia abbiamo 12.482 siti potenzialmente contaminati in attesa di bonifica di cui ben 58 di interesse nazionale con riflessi gravemente inquinanti per la salute pubblica.
Proprio per questo non possiamo mandare assolti anche i protagonisti sociali e politici compresi quelli che hanno gestito quel giacimento che tra origine dal TFR.
La storia economica d’Italia prima e dopo il TFR.
Sul versante contrattuale l’estrazione di valore ha assunto proporzioni mutagene a vantaggio di un processo che ha stravolto il rapporto di sostenibilità tra manager e lavoratori. Le stock-option si sono rivelate ben presto l’espressione sanguinosa di questi processi di estrazione violenta, un fracking che ha inghiottito diritti che tentavano di vivere dentro organizzazioni del lavoro solidali ma che ben presto sono finite nelle spirali avvolgenti di politiche di vendita violente.
Lo Shadow Banking System ha coperto i volti del nostro sistema industriale e introdotto due nuove categorie economiche: prede e predatori!
Questo non ha cambiato il corso del movimento sindacale rimasti prigioniero di un modello di sviluppo antiprogresso. Il risultato simmetricamente ottenuto coinciso con il sacrificio conservato dentro al nocciolo dei diritti a favore di un salario effimero ed avvelenato.
Democrazia mutagena
Questo ha comportato che il movimento sindacale ha dovuto modificare gradualmente il suo impianto organizzativo in ragione di una emergente soggettività di servizio che si era definitivamente sovrapposta a quella progettuale politica.
Scarsa partecipazione in ogni sede sia territoriale che aziendale, selezione dei gruppi dirigenti su base autoreferenziale senza alcun rispetto per il merito, hanno condotto il sindacato verso un declino inesorabile.
Le cosiddette Parti Istitutive sono oggi uscite quindi dal Paese reale per entrare in una stanza degli specchi deformante da dove ormai è quasi impossibile affacciarsi sulla realtà.
Il giudizio sulla previdenza integrativa che oggi fornisce Assofondipensione è puramente quantitativo dal momento che il benchmark di riferimento è costituito solo dal TFR. Poco ci dice sulla qualità dei processi di finanziamento all’economia cosiddetta reale. Oggi la porzione equity interna non supera l’uno per cento!
Abbiamo persino dovuto attendere il decreto legislativo del13 dicembre 2018, n. 147 in attuazione della direttiva (UE) 2016/2341 del Parlamento Europeo per consentire all’intero sistema della previdenza complementare del nostro Paese di toccare con mano finalmente i temi della sostenibilità contenuti in IORP II.
Oggi gli aderenti ai fondi negoziali rappresentano meno del 20% del totale dei lavoratori dipendenti italiani, concentrati prevalentemente nelle grandi aziende o nei settori più forti sindacalizzati, prevalentemente al Nord (57%). Gli aderenti sono soprattutto uomini (72,6%) e non più giovani (il 59% ha più di 45 anni), e con contratto a tempo indeterminato. Nel cercare di accrescere le adesioni vi è quindi un problema quantitativo, che riguarda il numero di aderenti complessivi, e qualitativo, cercando di coinvolgere meglio i giovani, che dovrebbero essere i principali destinatari di questo strumento di protezione previdenziale, i lavoratori delle piccole imprese, del centro-sud, le donne, i lavoratori discontinui e parasubordinati.
La stessa autority (la Covip) ha rimesso in agenda dopo la prima edizione, che ha visto l’adesione di 108 organizzazioni (per un totale di 197 soggetti coinvolti, tra istituzioni e organizzazioni pubbliche e private), con oltre 350 eventi in 120 città in tutta Italia, torna dall’1 al 31 ottobre 2019 il Mese dell’Educazione Finanziaria promosso dal Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, di cui COVIP è membro.
L’obiettivo dell’iniziativa è quello promuovere la capacità di comprensione degli strumenti finanziari, assicurativi e previdenziali che i cittadini hanno a disposizione e sviluppare autonomia di giudizio nell’assumere decisioni che riguardano l’impiego dei propri risparmi, anche con finalità di lungo periodo.
Nonostante ciò è purtroppo a tutti evidente che la problematica più urgente è un’altro, ovvero quella descritto dall’articolo qui di seguito.
La visione dell’Economia Civile per la quale la costruzione del bene comune richiede l’impegno delle imprese a produrre congiuntamente valore umano, sociale ed economico (dalla Statuto della SEC)
L’indifferenza sin qui mostrata dalle nuove generazioni sugli strumenti d’investimento connessi alla previdenza integrativa descrivono meglio di qualunque altro lo scetticismo di fondo intorno alle finalità dei processi in atto, nonostante esse siano state le prime a raccogliere il grido sui cambiamenti climatici lanciati da Greta.
Economia Civile significa anche impegnarsi per educare il lavoratore ad avere anche un rapporto diretto con la previdenza complementare.
La cifra che descrive la fiducia degli italiani per il sistema politico è prossima allo zero per questo è oggi urgente più che mai una #coalizioneattiva che mobiliti i cittadini attraverso un tessuto cellulare delle comunità che formano lo Stato e le riorienti finalmente per servire i propri bisogni essenziali e primo fra tutti il CLIMA.
Un pò come avviene nei nostri boschi dove si nasconde il micelio: una rete sotterranea, invisibile all’occhio non avvertito, una trama di filamenti che infonde vita mostrando una grande resistenza.
Dove siamo oggi?
La fotografia della previdenza integrativa italiana è la seguente ma pochi sanno che la corporate governance dei fondi di origine contrattuale che ne costituisce il nucleo principale soffre endemicamente di una profonda crisi di rappresentanza.
Infatti, mentre la parte datoriale presente all’interno degli organi di governo dei fondi perlomeno per il 50% risulta non contendibile come dal Decreto legislativo n. 124, ha ricoperto un ruolo improprio rispetto alle previsioni di legge che le assegnavano essenzialmente compiti di verifica e di controllo.
Poi per quanto riguarda la parte istitutiva sociale, ovvero le organizzazioni sindacali, si può pacificamente sostenere che i regolamenti elettorali che governano i fondi non sono quasi mai sottoposti alle verifiche statutarie degli organi interni. Ciò non ha consentito sinora in nessun caso si potesse esercitare compiutamente che la potenziale contendibilità nei relativi modelli di rappresentanza.
Il risultato in questi anni che quasi mai nei rinnovi degli organismi amministrativi dei fondi si raggiunge una base elettorale superiore al 10/15% degli aderenti. La democrazia economica è un patrimonio di tutti o non lo è.
Nello specifico risultano perlopiù assenti sia dei veri e propri programmi elettorali che l’esplicitazioni di concreti obiettivi che i sindacati propongono agli aderenti, come pure risultano indeterminati i processi di selezione nella scelta degli amministratori che quasi mai rispondono ai criteri di effettiva indipendenza.
Si aprono degli inaspettati nuovi spazi di rappresentanza!
Non dobbiamo mai dimenticare che il vero attore istitutivo della previdenza integrativa è il singolo lavoratore il quale anche in assenza di un accordo istitutivo tra le Parti può richiederne anche da solo l’attivazione del processo finanziario connesso e la destinazione del seme del suo TFR.
Pertanto risulta rovesciato il paradigma dentro e fuori della fabbrica, fra luogo di lavoro e territorio di vita. E la scoperta allo stesso tempo ovvia e unica, che il protagonista è sempre lo stesso, la persona che lavora, che la separazione tra la persona “dentro” la fabbrica e la persona “fuori” nel territorio circostante la fabbrica e nella vita, è un’asimmetria dannosa che rende impossibile la democrazia perché squilibra le voci fino a rendere alcuni egemoni ed altri afoni (da “il tempo di A. Olivetti – Furio Colombo).
La fabbrica di Adriano Olivetti era l’unica al mondo che offriva incentivi ai nuovi operai, affinché non si separassero dalla terra, in modo da mantenere in tutta l’area un equilibrio tra la fabbrica ed i campi, fra i contadini e gli operai (si sperava che fossero le stesse persone) fra radici e progresso. Ma anche, con una visione profetica, farla modernità che vede accadere tutto in fabbrica e una postmoderni in cui tutto dipende dall’ambiente e dalla vita fuori dalla fabbrica.
Ha scritto il Prof. Luigino Bruni che l’economia, la terra e i giovani costituiscono le tre priorità di questo papa, che si incontreranno ad Assisi.
Questo trialogo è la prima e principale novità di questo evento, che si presenta davvero come qualcosa di straordinario e profetico.
“ll movimento ecologico di Greta ha raccolto, sulle grandi questioni ambientali, teenager di tutto il mondo, e poi dall’altra parte abbiamo la politica dei grandi che hanno in mano le redini dell’economia mondiale. Ma manca l’anello intermedio e cioè i giovani che hanno tra i 25 e i 35 anni, coloro che si stanno affacciando al mondo dell’economia con la prospettiva di diventarne presto i protagonisti – come studiosi, professori, banchieri, imprenditori … – ma che ora sono completamente tagliati fuori dai grandi dibattiti”.
#coalizzioneattiva si propone come liana, proprio perché priva di tronco si appoggia ad alta piante avvinghiandosi con i loro lunghi rami, per formare passaggi suggestivi, ponti sorprendenti, protezione sostegni inattesi.
La finanza deve invece ritrovare un volto e quel volto deve essere quello di un uomo e una donna che lavorano per sé e per il bene comune di ognuno di noi.
Progetto esecutivo
#coalizioneattiva si propone di diventare un soggetto assolutamente nuovo per l’Italia un change-makers che sulla scia della grande attività svolta da ShareAction nel Regno Unito si prefigge l’obiettivo di divenire un HUB della sostenibilità in grado di connettere reti di fondazioni, gruppi religiosi, sindacati e ONG per agire nel sistema di investimento socialmente responsabile.
Al primo posto della propria missione si impegna a mettere insieme i risparmiatori dei fondi pensione allo scopo di far sentire la loro voce. Per tale motivo si adopererà per inserire nelle liste elettorali dei fondi dei propri rappresentanti.
Pertanto in assoluta coerenza coi profili regolamentari di ciascun fondo verranno proposte ai lavoratori di ogni realtà previdenziale programmi e candidati in grado di influenzare le singole politiche d’investimento con particolare riferimento agli impatti sulla società e sull’ambiente.
Questo ambizioso programma non vuole essere un gesto di rottura verso le legittime rappresentanze del lavoro ma semmai la ricerca, l’espressione di un altro modello di protagonismo attivo del lavoratore di oggi capace di guardare oltre i muri della fabbrica ed sopra i recinti delle scrivanie.
Per quanto riguarda la nostra governance #coalizioneattiva si costituisce come ente di beneficienza e la cui adesione è aperta solo alle organizzazioni senza scopo di lucro della società civile. Questi membri hanno diritto di voto e eleggono il consiglio di amministrazione.
#coalizioneattiva è dunque un «patto per cambiare l’attuale economia e dare un’anima all’economia di domani» che partendo dai semi nati dal lavoro vuole restituire speranza ai diritti delle generazioni future, per un autentica accoglienza della vita, per restituire equità sociale fondata sulla dignità dei lavoratori e per la salvaguardia del nostro Pianet
grazie per questa lettura della realtà economica e sociale così precisa e lucida e inesorabilmente vera… spero che coalizione attiva funzioni. Abbiamo bisogno di nuove realtà.. alternative alle forme di rappresentanza politica e sindacale attuali. Realtà che operino fuori dai palazzi ma che siano in grado di gettare un seme per il futuro.