Songs of A lost world – Out now

 

Il tweet di Vasco sembra già dimenticato, pochi artisti ne hanno parlato a parte Francesco Guccini. Gli stessi giornali l’hanno relegato perlopiù nelle pagine interne dedicate alla cultura. Eppure sarebbe interessante capire in profondità le vere ragioni per le quali l’intero panorama artistico nazionale sia precipitato da tempo nel girone degli ignavi. Solo questo governo sembra aver letto lucidamente il pericolo del connubio musica e giovani con il tristemente famoso decreto anti rave.

Ci fu un tempo che la musica giovanile entrava solo pochi minuti nelle antenne Rai. Era il 1965 e una bandiera gialla simbolo della quarantena per l’epidemia iniziava la sua opera di contaminazione.

Ci piace ricordare con quanta emozione andavamo alla ricerca delle fanzine dedicate al mondo della controcultura giovanile. “Get Ready” Marcello Baranghini ma soprattutto “Freak” di Riccardo Bertoncelli. La forza di quella musica era quella di non avere un’industria dietro. I giovani non si  erano  mutati in consumer. Estranei ancora per poco all’uomo a una dimensione narrata dal filosofo Herbert Marcuse. Poi arrivò il Parco Lambro con la sua tribù: Stormy Six, Alberomotore, Il Volo Alan Sorrenti, Saint Just, Rocky’s Filj, Perigeo, Demetrio Stratos, Juan Hidalgo & Walter Marchetti, Biglietto per l’Inferno, Area, Acqua Fragile, Arti e Mestieri, Edoardo Bennato, La Comune di Dario Fo, Premiata Forneria Marconi,The Trip, Franco Battiato, Angelo Branduardi, Canzoniere del Lazio. Ricordate il titolo di quell’evento? Festival del proletariato giovanile, organizzato dalla rivista Re Nudo dal 1971 al 1978.

Il collante di quel movimento era l’avversione per la musica commerciale dell’industria musicale dominante. Nasce così in quegli anni Rock In Opposition. Henry Cow insieme agli italiani Stormy Six e agli Univers Zero) diventano punto di riferimento della musica indipendente europea per tutti gli anni settanta permettendo invece la sperimentazione di nuovi generi. Coniugando lo sperimentalismo musicale con l’impegno politico.

Cosa resta oggi di quel mondo?

Le parole si sono trasformate in note. Le note sono scappate dal pentagramma. La rabbia ha rotto le righe e il denaro ha suonato e suona ancora un tempo senza più sogni.

Il nostro titolo va invece al suono dei Cure che sono tornati ORA a restituirci quell’utopia chiamata Musica.

Informazioni su Walter Bottoni

Nato il primo settembre 1954 a Monte San Giovanni Campano, ha lavorato al Monte dei Paschi. Dal 2001 al 2014 è stato amministratore dei Fondi pensione del personale. Successivamente approda nel cda del Fondo Cometa dei metalmeccanici dove resta fino 2016. Attualmente collabora con la Società di Rating di sostenibilità Standard Ethics.
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