Abbiamo letto in questi giorni che la Procura di Ivrea ha aperto un fascicolo d’indagine sulla strage di operai avvenuta a Brandizzo.
Sono emerse gravi violazioni delle procedure di sicurezza e profili di responsabilità precisi – l’incidente poteva essere evitato, se solo fossero state rispettate le procedure minime di salvaguardia.
Non solo diciamo noi.
Abbiamo disperso in questi anni la cultura del lavoro che proprio ad Ivrea Adriano Olivetti aveva seminato già negli anni cinquanta dello scorso secolo.
Nel suo discorso ai lavoratori di Ivrea alla vigilia di Natale, 24 dicembre 1955, al «Salone dei 2000» ci tornano alla memoria quelle parole.
Talvolta, quando sosto brevemente la sera e dai miei uffici vedo le finestre illuminate degli operai che fanno il doppio turno alle tornerie automatiche, mi vien voglia di sostare, di andare a porgere un saluto pieno di riconoscenza a quei lavoratori attaccati a
quelle macchine. Tutta la mia vita e la mia opera testimoniano anche – io lo spero – la fedeltà a un ammonimento severo che mio Padre (Camillo Olivetti) quando incominciai il mio lavoro ebbe a farmi: «ricordati – mi disse – che la disoccupazione è la malattia mortale della società moderna; perciò ti affido una consegna: tu devi lottare con ogni mezzo affinché gli operai di questa fabbrica non abbiano da subire il tragico peso dell’ozio forzato, della miseria avvilente che si accompagna alla perdita del lavoro. Mi illudo perciò di non avere ignorato le vostre aspirazioni, i vostri desideri, i vostri bisogni. Poiché i vostri dolori, le vostre sofferenze, e i vostri timori e le vostre speranze sono da sempre le mie; per anni nella preghiera di ogni giorno non ho mai di certo pensato al mio pane quotidiano ma potevo rivolgere un pensiero appassionato perché mai il lavoro di cui il pane è il simbolo non vi venisse a mancare e che questa fabbrica fosse protetta e prima e durante e dopo il tempo di una terribile guerra, in una parola che la Provvidenza aiutasse un comune destino giacché Essa mi aveva assegnato un compito e una precisa responsabilità verso di voi. Ho sempre saputo, fin troppo bene, come errori e debolezze e manchevolezza avrebbero potuto ripercuotersi dolorosamente sopra tutti, come la mia forza e il mio sforzo erano fin troppo legati al vostro avvenire.
Ebbene oggi nessuno ha avuto il coraggio di pronunciare parole simili in questa circostanza drammatica.
Anche Adriano Olivetti è finito dentro l’oscurità di quel binario di morte.