Estate di alcuni anni fa’: sono con la mia famiglia a Dubai perché il volo da noi preso fa uno scalo intermedio ed allora abbiamo deciso di fare uno “stop over” di tre giorni per visitare questa città da molti esaltata, da altrettanti vituperata.
Temperature esterne tra i 40° ed i 50° (all’ombra…); praticamente si vive solo dove c’è aria climatizzata, praticamente ovunque.
Una sera, di ritorno da un giro panoramico, per entrare in albergo decidiamo di passare attraverso una specie di centro commerciale, e all’improvviso sento il suono di un sassofono, un sax tenore, che stava improvvisando, insomma stava jazzando.
Cerco con lo sguardo e vedo un tipo fuori da un negozio di strumenti musicali che stava suonando; faccio segno ai miei di avvicinarci per vedere il negozio e scopro che è il locale concessionario di chitarre Godin, marca canadese che costruisce chitarre di ottima fattura. Faccio un segno di saluto al sassofonista nero, ed entro dentro; subito un signore mi accoglie mentre guardo le chitarre Godin appese, e mi chiede se voglio provarne qualcuna.
Mi giro verso mia moglie che con gli occhi mi dice “se ti va, provale”; detto fatto mi ritrovo con una bella Godin elettrica attaccata ad un amplificatore, chiuso in un angolo dell’immenso negozio.
Mentre sto lì accordando e testando timbriche diverse, non sento più in lontananza il suono del sax, ma mentre me ne sto facendo una ragione, le mie orecchie percepiscono delle note note (…): il sassofonista, posato il sax, è entrato nel negozio e, lontano da me si è messo al pianoforte ed ha iniziato a suonare Body and Soul, un vecchio standard jazz composto nel 1939 da vari autori, e portato al successo di pubblico dal cantante jazz Tony Bennet in duo con Amy Winehouse nel 2011.
Intendiamoci, il brano era già molto conosciuto dagli amanti del genere, eseguito da cantanti come Ella Fitzgerald, Billie Holiday, Sarah Vaughan, ma anche da solisti quali John Coltrane, Chet Baker, Oscar Peterson e…Gerry Mulligan, la versione da me preferita.
Ho iniziato un po’ timidamente a portare il tema, la situazione era veramente strana: in un negozio sconosciuto di una città che sta alla musica Jazz come le mosche allo yoghurt, sto suonando un pezzo jazz con un’altra persona al piano, ma io non lo vedo, né lui può vedere me; la musica cresce, l’intesa anche. Dopo alcuni minuti, potevano essere ore, ma in realtà erano un paio di minuti, cominciamo a jammare parlando la stessa lingua musicale, e dopo un po’ come era iniziata, è finita, soavemente, serenamente; mi sono alzato in piedi e l’ho visto, anche lui in piedi che guardava nella mia direzione, ci siamo avvicinati l’uno all’altro e ci siamo abbracciati: un italiano di Roma ed un afroamericano di New York City che si sono trovati una sera a Dubai e si sono abbracciati commossi…
Massimo Rossi