Poche ore fa le agenzie hanno battuto una dichiarazione di Lando Sileoni (FABI) dal titolo vagamente amletico “per ora il MPS resti pubblica, la privatizzazione lascerebbe molti dubbi”.
“Per il futuro del Monte dei Paschi di Siena esistono diverse soluzioni, ma è preferibile per ora che la banca resti pubblica. Lo Stato fino ad ora ha già speso 7 miliardi di euro ed una accelerazione della privatizzazione potrebbe comportare ulteriori esborsi di denaro pubblico lasciando molti dubbi. Una eventuale aggregazione, infatti, oltre a creare un danno sul versante occupazionale specie nelle città di Siena e Firenze, provocherebbe l’immediata sparizione di un marchio storico, quello della prima banca nata in Italia”.
Questo quanto dichiara Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, che ribadisce la necessità di mantenere MPS “pubblica” e auspica che il governo “chieda all’Unione europea la proroga, oltre il 31 dicembre 2021, del termine per la privatizzazione”.
“Il denaro dello Stato – aggiunge Sileoni – deve essere speso oculatamente e, in questo senso, potrebbe essere valutata la possibilità di aggregare, assieme ad MPS, altre banche che stanno uscendo da situazioni di debolezza, creando così un nuovo gruppo di dimensioni in linea con le indicazioni della della BCE”.
Con soli 196 voti a favore e solo 14 contrari, il consiglio della Campana di Siena approvò il 4 marzo del 1472, l’istituzione di un Monte di Pietà. Considerato quanto onore et laude – esordisce la delibera – si attribuisca ad ogni repubblica ad provvedere che le povere o miserabili o bisognose persone ne’ loro bisogni et necessità siano adiutate et subvenute, et quanto questo sia adepto a Dio, desiderando sopra questo fare qualche utile provisione, providero et ordinaro che per lo advenire ne la città di Siena sia di continuo il Monte di pietà”.
Potrà sembrare paradossale che sia stato il movimento francescano a sostenere, con una predicazione martellante e geograficamente molto diffusa, la costituzione dei Monti di Pietà. Perchè per un verso o per l’altro l’accumulo dei pegni e la complementare concessione di aiuti furono l’incubazione di pratiche che avrebbero avviato una gestione del denaro destinata gradualmente a sfociare in attività bancaria.
I Montes, sollecitati a sollievo delle scandalose condizioni di miseria di vastissimi strati di popolazioni, non erano pensati, in linea di principio, come organismi che dovessero assumere parametri e tecniche di tipo commerciale, e ancora meno finanziario, e furono ben distinti da analoghe e similari iniziative.
Come si ricorderà abbiamo più volte parlato di questa Banca nel nostro spazio informativo.
Le nostre proposte ardite e sofferte avrebbero avuto bisogno di menti coraggiose e libere per aprire quello squarcio di verità di cui avremmo tutti bisogno.
Il Monte nasce nella nostra terra ben prima dell’Italia, anzi a ben pensare ne costituisce una porzione di DNA.
Viene alla luce semplicemente per per sottrarre i prestiti di denaro dalle estorsione e dall’usura che stavano inesorabilmente devastando i nostri popoli.
Forse più che chiedersi cosa può fare lo Stato per il MPS sarebbe più giusto domandarsi cosa potrebbe fare un MPS liberato dalle ferree logiche finanziarie per restituire una vera speranza a tutti noi.
Sarebbe opportuno ricordare a Sileoni che l’unione di più debolezze non ha mai creato una forza.
Pongo piuttosto una domanda, ben consapevole della provocazione insita: e se per una volta, provassimo a non seguire la corrente? Lasciamo ad altri le polizze pseudo assicurative, gli strumenti strutturati, la finanza creativa (sic!), e ripartiamo dal rapporto con il cliente, con la funzione creditizia vera, chiedendoci ogni giorno perché esiste la Banca: per distribuire premi e dividendi o per gestire e amministrare i fondi raccolti concedendo credito a chi ne ha merito?