Per un giovane blog come il nostro, nato in pieno lockdown, con l’ambizioso scopo di resettare l’investimento socialmente responsabile, è stato naturale occuparci della vicende che stanno insanguinando oggi la Turchia lanciando nei giorni scorsi un appello a favore di Aytaç Ünsal.
Convinti come siamo che l’acronimo ESG stia ormai diventando un feticcio di “falsa coscienza” con cui una parte dell’industria finanziaria cerca di perpetrare il proprio incontrastato dominio sull’intero pianeta.
I cosiddetti rating di sostenibilità in campo economico non bastano più, specie ora che una lenta e sempre più diffusa estinzione dei diritti democratici, quale effetto collaterale degli attuali meccanismi geopolitici, hanno ormai trascinato la vita degli individui in territorio inesorabilmente negativo.
Per questo siamo assolutamente fieri di aver raccolto il grido d’allarme lanciato dall’avvocata Licia D’Amico che è stato in grado di smuovere tante e tante coscienze intorno a noi.
Avevamo visto giusto!
Ciò vuol dire semplicemente che abbiamo ancora fame di diritti e soprattutto che sappiamo ancora scegliere le battaglie da fare.
Ora che Aytaç Ünsal è uscito dal carcere non dobbiamo pensare, nemmeno un minuto che la vicenda sia finita qui. Anzi.
Deve essere chiaro che la Corte di Cassazione turca ha emanato alla Procura della Repubblica un ordine di scarcerazione per motivi sanitari sospendendo SOLO temporaneamente l’esecuzione della pena.
L’unica preoccupazione della Corte, che ricordiamo, non si è mai occupata della condanna, è stata quella di evitare che Aytaç possa morire in una struttura pubblica così come accaduto all’indimenticata avvocata Ebru Timtik.
Restano i fatti, e quelli ci dicono che secondo il WJP Rule of Law Index® 2019 redatto a cura del World Justice Project – una valutazione dell’aderenza allo stato di diritto in tutto il mondo basata su oltre 120.000 famiglie e 3.800 indagini di esperti in 126 paesi – la Turchia si trova al 109° posto!
Secondo gli ultimi dati disponibili, a partire dal luglio 2016
- 1546 avvocati sono stati perseguiti;
- quasi 600 avvocati sono stati arrestati;
- 274 avvocati sono stati condannati a lunghe pene detentive, con una media di 7 anni di reclusione.
Un altro mondo che sta pagando un duro prezzo è quello dell’università. Come non ricordare la figura del prof. Ibrahim Kaboğlu, professore di diritto costituzionale nell’Università di Marmara, licenziato il 7 febbraio 2017 assieme ad altri 329 colleghi, docenti universitari di ogni disciplina, con un decreto firmato in via d’urgenza da Erdoğan, che nel complesso ha colpito 4464 dipendenti della pubblica amministrazione turca.
Resta ancora aperta la vicenda di Mehmet Osman Kavala, uomo d’affari e difensore dei diritti umani, in prigione in attesa della sentenza della Corte costituzionale turca nonostante la richiesta di liberazione sollevata dal il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa.
Ricordiamo che Kavala è in carcere dal 18 ottobre 2017 perché “sospettato di un tentativo di rovesciare il governo turco e l’ordine costituzionale con la forza e la violenza”.
Nel dicembre 2019, la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva stabilito che la sua detenzione era “avvenuta in assenza di prove sufficienti”.
Infine, vogliamo ricordare Ahmet Altan che è stato travolto dall’ondata di arresti che ha seguito, nel 2016, il fallito colpo di stato del 15 luglio contro Erdogan. Da allora è recluso in un carcere nei pressi di Istanbul. L’accusa a suo carico è di aver favoreggiato il golpe tramite «messaggi subliminali».
Nel febbraio 2018 il suo processo-farsa si è concluso con un’atroce sentenza: ergastolo senza condizionale.
Non rivedrò più il mondo è il messaggio che Altan lancia dalla sua cella.